Cultura e Spettacoli

Il fantasma del lettore passato: l'anteprima del libro di Natale di Desy Icardi

Anteprima, per gentile concessione della Casa Editrice Fazi, de Il fantasma del lettore passato di Dasy Icardi autrice dei grandi successi: L’annusatrice di libri e La ragazza con la macchina da scrivere. In attesa dell'uscita in primavera del terzo capitolo della "pentalogia sensoriale" arriva ora con una favola di Natale che vuole essere un inno ai libri e alla lettura: un regalo di Desy Icardi ai suoi lettori, che sarà online, scaricabile gratuitamente in formato digitale, dal sito fazieditore.it. Per IlGiornale.it arriva l'anteprima del primo capitolo

Il fantasma del lettore passato: l'anteprima del libro di Natale di Desy Icardi

Una fiumana di persone imbacuccate percorreva via Garibaldi in entrambe le direzioni, disegnando traiettorie zigzaganti e imprevedibili. Avvolto nel suo vecchio cappotto di lana grigia, con il basco di panno calcato sino alle sopracciglia bianche e irsute, l’avvocato Ferro osservava attonito i passanti che, con l’andatura resa barcollante dalle borse e i pacchi che reggevano, si muovevano rapidamente lungo la via per poi arrestarsi di botto davanti a quella o quell’altra vetrina, costringendo chi gli camminava appresso a compiere improvvise virate per evitare di urtarli: uno spettacolo a dir poco indecoroso!

L’avvocato Ferro sbuffò e una candida nuvoletta di vapore esalò dalla sua bocca, contratta in una smorfia di fastidio: «Forza, Edmondo!», borbottò per farsi coraggio, «Sei passato indenne attraverso due guerre, tra le quali c’è stata anche l’epidemia di spagnola; dovresti riuscire a sopravvivere tranquillamente a questo delirio collettivo che va sotto il nome di compere natalizie!».

Non doveva percorrere che qualche centinaio di metri, si disse prima di gettarsi nel caotico gregge di spendaccioni. Come chi cammina controvento, l’avvocato procedeva a testa bassa e spalle incurvate, inveendo contro chi lo urtava accidentalmente e speronando chi aveva l’ardire di non fargli strada. Tra uno spintone e un improperio, l’uomo raggiunse finalmente la sua meta, il numero 23 di via Garibaldi dove aveva sede sin dal secolo precedente, la libreria Paravia. Nonostante fosse domenica il negozio era aperto e sfolgorante di luci, il che costituiva, a suo avviso, l’unico lato positivo del periodo natalizio. Poiché le grandi e luminose vetrine davanti alle quali amava indugiare erano irraggiungibili a causa dei passanti che vi si accalcavano a guisa di piccole mandrie, l’avvocato imboccò con decisione la porta d’ingresso e respirò a pieni polmoni l’odore di carta stampata che tanto lo confortava. Il libraio, che in genere lo salutava con grande sollecitudine, nemmeno lo vide entrare tant’era affaccendato ad avvolgere libri in sgargianti carte natalizie e a rispondere alle domande idiote dei clienti, tutti occasionali, che gli davano l’assalto.

«Mi suggerirebbe un libro per un bambino di otto anni?», sentì domandare da una signora.

«Un bambino di otto anni e che altro?», avrebbe voluto domandarle l’avvocato Ferro, ovviamente in malo modo. «Questo bambino generalmente cosa legge? Sempre che legga! Altrimenti regalargli un libro sarà più un dispetto che una bella sorpresa, dunque tanto vale comprargli il meccano o un pallone di cuoio!».

«Vorrei regalare alla mia fidanzata quel romanzo che va tanto di moda», sentì chiedere da un giovanotto dall’aria stralunata, «no, non ricordo il titolo né l’autore, ma so che è molto famoso perché ci hanno fatto persino lo sceneggiato sulla rai. Ci recitava l’attore con gli occhi chiari, ha presente?».

Augurandosi che la fidanzata lo piantasse prima di Santo Stefano, l’avvocato decise di rivolgere la sua attenzione a uno scaffale sufficientemente lontano dalla cassa in modo da non essere costretto a intercettare altri brandelli di quelle conversazioni grottesche. La libreria era molto ampia, ma dovette faticare un po’ per trovare un angolino tranquillo, poiché ogni metro quadro pullulava di non lettori che acquistavano libri a casaccio per poterli regalare a persone che, con buona probabilità, non li avrebbero apprezzati. «Drammaturgia greca e latina», lesse su di una targhetta apposta su uno scaffale defilato. Ottimo! Davanti a quei libri difficilmente qualcuno l’avrebbe disturbato. Rassicurato da quel pensiero, l’avvocato cominciò a scorrere, con l’indice ossuto, i titoli scritti sui dorsi dei libri.

«Regalare un libro a chi non lo leggerà», rimuginò l’avvocato, «è come dare in moglie una dolce principessina a un decrepito monarca, che la sposa soltanto per rinsaldare un’alleanza politica!».

Mentre elaborava i suoi ragionamenti, le dita scheletriche e nodose sceglievano e afferravano in maniera apparentemente casuale alcuni volumi.

Una signora di mezza età, vestita con estrema cura, si fermò a pochi centimetri di distanza e iniziò, anche lei, a passare in rassegna i titoli con fare svogliato. L’avvocato voleva allontanarsi per scongiurare l’eventualità che la madama – che certo di libri ne sapeva quanto lui di smalto per unghie – attaccasse bottone per chiedergli consiglio. L’uomo fece per spostarsi di lato ma le sue mani, come animate di vita propria, agguantarono un altro libro e, mentre lo ghermivano, il suo sguardo incrociò quello di lei, che gli sorrise con le sue labbra dipinte di rosso. L’avvocato sorrise a sua volta, o quantomeno ci provò, anche se quello che la sua bocca tracciò più che un sorriso cortese dovette apparire simile al ghigno di un folletto malevolo. Le labbra della madama si dischiusero con lentezza, certamente per dar modo a qualche sontuosa sciocchezza di uscirne; l’avvocato deglutì rassegnato, attendendo di essere travolto da una slavina di futili ciance.

«Gisella cara, come stai?», sentì ragliare da una seconda signora con dei ridicoli occhiali punteggiati di strass, che sopraggiunse provvidenzialmente, togliendolo d’impaccio.

«Un incubo, mia cara!», sospirò la donna dalle labbra tinte di rosso che ora, fortunatamente, gli volgeva le spalle, «Mancano pochi giorni a Natale e non ho comprato neppure la metà dei regali che mi occorrono».

«Ne hai comprati la metà?», ragliò ancora l’interlocutrice, «Beata te! Io non ho ancora concluso niente».

«Domani sera darò un piccolo cocktail natalizio a casa mia, mi farebbe piacere se veniste anche tu e tuo marito».

«Per domani abbiamo un altro impegno», si rammaricò la dama occhialuta, «magari potreste venire voi al nostro ricevimento prenatalizio di martedì sera».

«Sarebbe magnifico, ma ho una cena con i colleghi di mio marito», replicò la donna dalle labbra dipinte, «e mercoledì partecipo a una raccolta fondi. Non posso mancare!».

L’avvocato, che aveva già sentito abbastanza di quell’insulsa conversazione, cercò di allontanarsi ma le due chiacchierone gli ostruivano il passaggio.

«Certo che devi partecipare! Se non si fa un po’ di beneficenza almeno a Natale, dove andremo a finire?», confermò l’altra sistemandosi sul naso gli occhiali luccicanti di strass. «Ma appena torni a casa guarda l’agenda e chiamami: dobbiamo assolutamente vederci prima di Natale!».

«Assolutamente!».

«Assolutamente?», si domandò l’avvocato prendendo la ferale decisione di infischiarsene delle buone maniere e transitare tra le due interlocutrici per liberarsi dall’angolo nel quale era stato imprigionato.

«Perché queste qui dovrebbero vedersi assolutamente prima di Natale?», borbottò. «Dopo Natale che cosa potrebbe accadere? Una di loro si trasferirà all’altro capo del mondo? Oppure, esaurita l’ondata di bontà natalizia, nessuna delle due avrà più la forza di sopportare l’altra?».

«Che modi!», sentì protestare la madama dal rossetto carminio che l’avvocato passando aveva urtato con un gomito, per la verità in maniera non del tutto accidentale.

«Lascia perdere, Gilda», mormorò l’altra, «è solo un vecchino malfermo e maldestro. Guardalo! Avrà novant’anni».

«Ottantotto, prego!», si prese la soddisfazione di puntualizzare, dirigendosi con il suo bottino di libri alla cassa.

La vecchiaia, pensò l’avvocato mettendosi in coda, era la migliore delle età che avesse vissuto. L’infanzia e la giovinezza non erano state malaccio, così piene d’energia e prive di acciacchi, ma in quegli anni lontani e ingrati tutti gli adulti – genitori, insegnanti e finanche il parroco – si sentivano in diritto di dargli ordini che lui, da quel bravo ragazzo si esigeva che fosse, doveva eseguire prontamente. Ora, invece, poteva essere insolente senza temere castighi, e se camminando urtava qualcuno – accidentalmente o di proposito poco importava – nessuno se la prendeva, anzi, alcuni arrivavano addirittura ad assumersi la responsabilità della collisione e a scusarsi per essere stati tanto goffi.

Quei deliziosi pensieri sulla terza età – o era già giunto alla quarta? – non bastarono a distrarlo dall’odiosa circostanza di dover stare in coda alla cassa, mentre dei non lettori importunavano il suo libraio con odiose richieste, costringendolo per di più a incartare e infiocchettare i loro incauti acquisti. Che umiliazione per un povero libro essere ornato da nastri, come una smorfiosetta di dieci anni per andare a messa!

«Buonasera, avvocato!», lo salutò finalmente il libraio, pronto a dedicargli uno scampolo della sua attenzione. «Si è dato ai drammaturghi latini, vedo», disse scorrendo i libri che l’uomo aveva poggiato accanto alla cassa.

«Quelli dell’età imperiale», confermò Ferro soddisfatto dei suoi acquisti, «e poi, tanto per rimanere in tema, mi sono concesso una bizzarria: una versione latina del Giulio Cesare di Shakespeare. Che incantevole stravaganza trasporre il bardo in latino!».

Il libraio annuì e gli fece il conto rapidamente, senza indulgere nelle amabili e consuete chiacchiere che tanto confortavano entrambi; e tutto questo in ragione di una massa di individui insulsi la cui maggior preoccupazione era quella di vedersi assolutamente prima di Natale!

«Le servono dei pacchetti regalo?».

«No!», rispose scandalizzato, come se gli fosse stata rivolta la più inopportuna delle domande. «Ho la mia sporta di tela», disse traendo dalla tasca del paltò un fagotto di stoffa appallottolata che distese per infilarvi i libri, a mano a mano che il libraio glieli passava.

«Ecco il resto, avvocato», gli disse porgendogli alcune monete e un cartoncino verde.

«E questo?», domandò.

«È un invito», gli spiegò il libraio, «sto organizzando un rinfresco natalizio per i clienti più affezionati. Una cosetta semplice per vedersi prima di Natale».

L’avvocato non rispose e ricoverò nella sua sporta di stoffa la copia del Giulio Cesare: «Tu quoque, amico libraio!», mormorò scuotendo il capo e dirigendosi all’uscita.

«Tu quoque!».

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