Maureen Clegg a 19 anni è una ragazza americana come tante, che cerca di divertirsi e suona brani di Duke Ellington e Janis Joplin nei piano bar di Philadelphia. A quei tempi Melody Gardot non esiste ancora... Poi un giorno d'estate, mentre passeggia in bicicletta, una jeep passata col semaforo rosso la centra in pieno e la lascia mezza morta sull'asfalto, col bacino spezzato e gravissime fratture in tutto il corpo. È lì, quando la vita sembra sfuggirle, che in lei nasce il seme di Melody Gardot, una delle più brillanti e giovani cantanti jazz dei nostri tempi.
In ospedale, i medici fanno di tutto per rimetterla in sesto; il suo cervello funziona ma non riesce più a parlare né a comunicare con gli altri. «Credo nei viaggi dell'anima - ricorda l'artista di quei terribili momenti - e so che arrivare vicino alla morte e poi tornare cambia la vita fuori e dentro di te. È un vero miracolo». Muta e inchiodata ad un letto sembra il destino di Maureen Clegg. Ma un neurologo la spinge ad adottare la musicoterapia. «Sono stata in riabilitazione per un anno, seguita da undici dottori. Poi è arrivato un personaggio molto particolare, il dottor Jermyn, che ha detto: Bisogna trovare qualcosa che la renda felice. Cosa le piaceva prima dell'incidente?. E quando la mamma gli ha detto che suonavo nei piano bar lui ha deciso: la musica sarà la sua salvezza. Ho ascoltato canzoni di ogni genere, giorno e notte, e pian piano sentivo qualcosa crescere dentro di me. Vedevo i medici sempre meglio; prima come ombre bianche, come in un film di vampiri. Poi le loro immagini sempre più distinte e i miei pensieri sempre più chiari, riuscivo finalmente a muovermi ma non ancora a parlare».
Così le mettono in mano una chitarra e lei reagisce alla grande; comincia a tirar fuori degli accordi, delle melodie, dei lamenti che si trasformano lentamente in parole e frasi di senso compiuto, insomma in canzoni. Sì, parla, ma dimentica subito ciò che ha detto pochi secondi prima, così tiene sempre vicino a sé un registratore a otto piste, su cui registra anche sei brani da cui nasce il suo primo disco, intitolato Some Lessons e in seguito, per celebrare la sua vittoria sulla malattia, The Bedroom Sessions. È qui che nasce Melody Gardot, una cantante dal fraseggio elegante, swingante e disteso che con i suoi dischi, ma soprattutto con i suoi concerti dal vivo (domani sera si esibisce al Teatro Verde di Venezia) ha conquistato mezzo mondo e si affianca a grandi donne del jazz moderno come Diana Krall, Madeleine Peyroux e Gretchen Parlato. «Cominciai a suonare come terapia, solo per ricordare ciò che dicevo o facevo, e mi ritrovai con la dj Helen Leicht che trasmetteva il mio cd alla radio. Era registrato in modo terribile, si sentiva anche il mio gatto miagolare in sottofondo (Melody è molto legata al suo gatto che si chiama Maestro, ndr) però piaceva alla gente e i discografici mi spingevano a scrivere ancora».
Badate bene, non è una cantante improvvisata, ha un gran senso del ritmo e del tempo, una personale grazia melodica e una scrittura fluida. Ha venduto più di tre milioni di album, canta il jazz ma allarga continuamente i suoi orizzonti e specifica: «So scrivere il blues perché conosco la vera sofferenza». Infatti, nonostante la sua raffinatezza nel vestire e nel proporsi (a tratti si appoggia al bastone), Melody porta sempre occhiali scuri perché è ancora ipersensibile alle luci e ai suoni. Da quando è guarita ha cominciato a girare il mondo per scoprire nuovi orizzonti e nuove sonorità. È stata ammaliata dai colori di Marrakech, dalla cultura portoghese e da quella brasiliana. «C'è un forte legame musicale tra Spagna, Portogallo, Africa e Sudamerica. Io non tradirò mai la tradizione jazz ma continuo ad ampliare i miei orizzonti. Gli americani sono abituati a considerare poco interessante ciò che c'è fuori dal loro Paese, io amo le contaminazioni come quelle di Stan Getz con Joao Gilberto. Il jazz è libertà. È come un ristorante che ha una cucina tipica, che però va arricchita con sempre nuovi ingredienti». Come dimostra il suo ultimo album The Absence, ricco di influenze sudamericane.
Insomma, Melody è una 28enne forte e tosta, come dimostra anche un ultimo aneddoto sul suo debutto nel pianobar. «Arrivai in macchina con un'amica nel centro di Philadelphia e restammo senza benzina e senza un dollaro. Così andai in un famoso piano bar e dissi alla proprietaria: mi metta alla prova.
Melody Gardot, il jazz che fiorisce dal silenzio
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