Con Ferretti e Arminio i segreti dell'«Italia profonda»

Laura Tecce

Globalizzazione, mala-urbanistica, denatalità. Questi elementi sembrano alla base dello spopolamento dell'Italia appenninica, alpina e rurale, una ferita profonda per un Paese che è nato sui piccoli comuni. E insieme si perdono le pratiche condivise: relazioni di prossimità, cultura del dono, consuetudini sociali, integrità del paesaggio e cura del territorio. Una disgregazione cui corrisponde la perdita di un tassello dell'identità nazionale. Eppure, mentre tutti scendono dai monti per raggiungere la metropoli o il litorale, c'è chi ha deciso di non scendere a compromessi con la modernità. È il caso di Giovanni Lindo Ferretti, da cantante punk a cantore dell'Appennino e Franco Arminio, poeta e «paesologo», che nel libro L'Italia profonda (GOG, 100 pagg.

, 7, 65 euro) hanno raccontato le loro esperienza di vita, a Cerreto Alpi e a Bisaccia, da Nord a Sud nella catena appenninica, in un dialogo che dalle cime sfiora il cielo, tra la vita e la morte. Non un risarcimento simbolico alla bellezza della nostra terra, ma un cammino a ritroso per vedere quanto essa abbia ancora da offrire in un momento storico lacerato dalla globalizzazione economica e dei costumi.

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