Nero su nero. Cioé «black power» di lotta e di talento, se a unire le forze sono il regista afroamericano Spike Lee, ogni film un grido di libertà, e il pugile Mike Tyson, un nome e una leggenda nella stazza d'un peso massimo vincente e controverso. Stessa città, la convulsa New York, dove sono cresciuti; stesso quartiere, Brooklyn, dove se non meni, o spacci, non sei nessuno; stessa rivalsa verso i bianchi che stanno comodi. Inevitabile che dalla loro collera nascesse un film-documentario in bianco e nero, Mike Tyson: Undisputed Truth, che la rete tv Usa HBO manderà in onda il 16 novembre, quattro giorni dopo l'uscita dell'autobiografia del boxeur, scritta con Larry Sloman (Blue Rider Press) e intitolata come il docufilm. Ma quale «verità incontestabile» si cela dietro le due ore di monologo del campione,che si ricicla come attore e come produttore? C'è lui, la bestia che nel 1996 staccò a morsi l'orecchio del collega Evander Holyfield, ma in realtà mirava a ucciderlo, come racconta nel libro. E c'è lui, il tenero padre che non conobbe mai il suo, di padre, e che quando la figlia di 4 anni gli morì in un incidente, diventò pazzo di dolore. E c'è ancora lui, gigante in tuta e scarpe da ginnastica, che sfama i piccioni di New York, perché altro non aveva da fare: quel morso gli costò la sospensione fino al 2009. Insomma,un copione su misura (firmato dalla moglie di Tyson, Kiki, col marito fondatrice della Tyrannic Production), per ripercorrere, in chiave musical, un'esistenza lacerata. Il film di Spike non è altro che la ripresa dello one-man-show tenuto da Tyson a Las Vegas e a New York, nel 2012. E naturalmente, la regia jazz rende il film un'intima confessione dolorosa, piena di contrappunti.
Tra alti e bassi d'una carriera notevole, cominciata nel 1986, quando, a vent'anni, Tyson diventa il più giovane campione di boxe della storia, categoria pesi massimi. Seduto su uno sgabello ridicolo per le sue natiche, nel cono di luce che lo illumina, il boxeur guarda il pubblico: «Per Dio, vi chiederete, che ci fa Mike Tyson qui sul palco? Vi confesso che anch'io mi faccio la stessa domanda», inizia la performance dell'Ercole nero. È l'animale da spettacolo, messo da Lee sotto i riflettori, mentre arrivano i ricordi dell'infanzia povera, con la madre «che o beveva o strillava», senza curarsi del piccolo, orfano di lei a 16 anni. «Ho fatto molti errori, con i miei figli. Ma quando sono giù, mi dico che potevo essere un padre ancor peggiore. Questo può fare un genitore: essere migliore dei suoi genitori», dice Mike, che manda i figli all'esclusiva Ivy School di New York. Da tempo Tyson spinge il pedale dello show-business: Very Bad Trip 1 e 2, Hangover e Scary Movie 5, gli hanno fatto capire che a 47 anni può fare l'attore. E adesso sta girando in Tunisia Algérie pour toujours, film comico di Jean-Marc Minèce. Nel docufilm, un salto indietro nel tempo lo riporta all'incontro col mitico Cus D'Amato, il mentore che ne intravide le potenzialità sportive, convincendolo a smetterla con le risse, giù a Brooklyn. «Avevo gravi problemi emotivi e pensavo che Cus fosse un pervertito», spiega Mike, a 12 anni già 38 arresti all'attivo. L'amore è capitolo a parte. C'è l'attrice Robin Givens, sposata nel 1988 e lasciata l'anno dopo. La picchiava, o lei voleva essere maltrattata: dopo il divorzio, i due continuarono ad avere una relazione sessuale. Nel film lui le rifà il verso, imitandone la vocina, mentre narra di quando lei uscì con Brad Pitt e lui uscì di senno. Poi c'è il sesso, che a Tyson costò la libertà. Quando, nel 1992, la reginetta di bellezza Desirée Washington gli andò sotto e poi dichiarò d'essere stata stuprata. Sei anni di prigione ingiusti, per il pugile, che ne scontò tre. «Sono andato in carcere per qualcosa che non ho commesso», spiega nel film e nell'autobiografia, dove confessa che, se potesse, oggi violenterebbe Desirée. Per punirla. Un po' di vetriolo finisce pure in faccia a Don King, suo strano promoter: «Ho fatto un patto col diavolo», commenta. Col regista di Fa' la cosa giusta e La 25esima ora, invece, Mike va d'accordo: insieme al 56enne Spike, Mike ha girato la serie Da Brick, il regista dietro la cinepresa, il boxeur come produttore.
Questo lavoro non ha visto la luce, ma ha siglato l'inizio d'una collaborazione. «Non cerco di diventare bilionario o milionario, voglio solo intrattenere la gente e avere successo» dichiara Tyson. Credergli non è possibile: cerca sempre l'uno-due micidiale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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