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Arriva al cinema "Animali notturni", il secondo intenso film di Tom Ford

Un noir elegante e violento, giocato su più piani narrativi e in grado di regalare allo spettatore una vertigine disturbante

Arriva al cinema "Animali notturni", il secondo intenso film di Tom Ford

Tom Ford, a sette anni dall'esordio dietro la macchina da presa con "A Single Man", consegna alle sale la sua seconda opera, "Animali Notturni", tratta dal libro "Tony & Susan" di Austin Wright. Prodotto e sceneggiato dallo stesso Ford, il film è un noir ambizioso e complesso: perfettamente bilanciato su più piani narrativi, ha la suspense e tensione tipiche del thriller e parla d'amore, di scelte e rimorsi, lasciando la scena ora al vuoto esistenziale, ora ad una violenza devastante.

Susan Morrow (Amy Adams) è una bella donna, proprietaria di una galleria d'arte, ha un marito affascinante e un tenore di vita molto alto.

Eppure si sente vuota, prigioniera di un'esistenza devota solo all'apparenza. Inaridita da una realtà vacua fatta di frequentazioni glaciali, ha perduto ogni creatività e interesse per il futuro. A scuoterla dal suo torpore abulico arriva un giorno un manoscritto inviatole dal primo marito, Edward (Jake Gyllenhaal), con cui non ha contatti da diciannove anni. La natura angosciante e crudele di quella lettura notturna, dall'evocativo titolo "Animali notturni", sarà la scintilla per riflettere sulle conseguenze di un gesto compiuto molto tempo prima.

In un coraggioso gioco a incastri, oltre al presente di Susan, lo spettatore è condotto a conoscere quanto narrato nel romanzo, ossia l'incubo di una famiglia in viaggio sulle strade deserte del Texas. Il terzo livello di questa narrazione articolata e tesa riguarda, infine, il passato comune tra la protagonista e l'ex consorte.

Ansiogeno e minimalista, "Animali Notturni" affascina per il modo in cui intreccia sentimento, violenza e vendetta eppure, forte di un cinismo arido, resta un'opera algida e distante.

L'abilità per la narrazione visiva di Tom Ford non si discute: l'attenzione ai dettagli e alla composizione dell'immagine sono le stesse che l'hanno consacrato stilista di fama internazionale. La scelta di Amy Adams per il ruolo di questa donna dall'eleganza serica e dallo sguardo spento e perso è a dir poco perfetta, così come si fa ricordare Michael Shannon, in odore di Oscar per la splendida interpretazione dello sceriffo.

Sfavillio e brutalità creano un contrasto magnifico e doloroso. Il problema del film però è che seduce con un racconto tanto disturbante quanto, forse, inconcludente nell'implosione del finale. Come atto d'accusa fine a se stesso contro il tradimento e l'abbandono, le vette toccate dal girato in termini di efferatezza appaiono esagerate.

Quanto alla denuncia degli effetti corrosivi della dittatura dell'apparire e alla celebrazione del potere dell'espressione artistica per superare il lutto e la perdita, sono senz'altro presenti ma hanno il peso di significati parziali. Nell'insieme si è di fronte ad un patchwork dagli accostamenti arditi e dalla magnificenza indiscutibile che lascia un confuso sentore d'impenetrabilità.

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