Narrativamente debole e un po' confuso ma con effetti speciali incredibili, responsabili di un bombardamento di immagini mastodontiche e scene rumorosissime per quasi tre ore. È questo in sintesi il nuovo episodio della saga dei Transformers, arrivata al quarto titolo, che oltre a costituire un sequel è anche in parte un reboot. Cast interamente rinnovato alle prese con l'azione, la spettacolarità e le esagerazioni cui il regista dell'intero ciclo, Micheal Bay, ha abituato i fan.
Sono trascorsi cinque anni dalla battaglia tra due opposte fazioni di robot alieni, Autobots e Decepticons, che ha devastato Chicago. Per evitare che un tale evento possa ripetersi in futuro, l'intelligence militare statunitense ha istituito un'unità il cui unico scopo è dare la caccia a tutti gli esponenti della razza aliena. Optimus Prime, il leader degli Autobots, nascostosi perché braccato e ferito, viene riattivato accidentalmente da uno squattrinato "esperto di robotica", Cade Yeager (Mark Wahlberg), che lo ha acquistato sotto forma di vecchio camion. L'uomo, deciso a non tradire il suo nuovo amico extraterrestre, non esiterà a improvvisarsi eroe, anche se ciò significa mettere in pericolo la sua vita, quella della figlia Tessa (Nicola Peltz) e del ragazzo di lei, Shane (Jack Reynor).
Non è necessario aver visto i film precedenti per godere della visione di "Transformers 4 - L'era dell'estinzione", ma essere estimatori del genere è evidentemente d'obbligo. Si tratta infatti di una pellicola in grado di esaltare ed eccitare legioni di teenager in tutto il mondo, al punto che è già a quota 750 milioni di dollari d'incasso, ma anche di stordire e mettere alla prova all'inverosimile udito e resistenza di chi non è avvezzo a certi prolissi tripudi di eccessi fini a se stessi. Rispetto ai precedenti, bisogna dire che questo quarto film ha immagini più particolareggiate e dà spazio agli umani quanto ai Transformers, anche se la caratterizzazione dei personaggi resta superficiale e monodimensionale. Un plauso alla divertente interpretazione di Stanley Tucci nei panni di una sorta di Steve Jobs versione fantascientifica e alla colonna sonora di Steve Jablonsky che sa donare una qualche epicità anche a questo che è il re dei film fracassoni.
Non stupisca che da un certo minutaggio in avanti le location diventino orientali, perché siamo di fronte ad una coproduzione tra Stati Uniti e Cina; d'altronde il mercato cinese è un detonatore da record per il successo al botteghino.Naturalmente un taglio di almeno venti minuti avrebbe giovato alle esigenze dello spettatore medio, ma chi si accosta a certo tipo di cinema probabilmente lo ama al punto da non averne mai abbastanza.
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