Dopo "Saving Mr. Banks" il regista John Lee Hancock firma un altro biopic, "The Founder", incentrato sulla figura di un personaggio tanto affascinante e controverso quanto
sconosciuto ai più: l'uomo che trasformò il brand McDonald's in un’icona riconoscibile ovunque e in una presenza capillare a livello internazionale.
Stati Uniti, anni '50. Ray Kroc (Michael Keaton) è un venditore di frullatori dell'Illinois, ha già cinquantadue anni ed è ancora disperatamente alla ricerca del successo. Ha una folgorazione quando, a San Bernardino, si imbatte nel chiosco di hamburger dei fratelli McDonald, inventori di un sistema espresso in grado di preparare cibi in tempi brevissimi, senza rinunciare alla qualità e mantenendo prezzi davvero popolari. Kroc coglie immediatamente le potenzialità dell'idea e decide di trasformarla in un franchise. Perseguirà la sua visione con tale determinazione e spregiudicatezza da estromettere, col tempo, i due fratelli McDonald dal progetto e strappare loro addirittura l'utilizzo del cognome.
Se il regista avesse scelto di raccontare il sorgere del più grande impero di fast-food del mondo dal punto di vista delle vittime sacrificali di questa storia, ovvero dei due ingenui fratelli inventori, "The founder" sarebbe stato meno avvincente. Invece, seguire la metamorfosi del loro usurpatore, da sfortunato commesso viaggiatore ad avido speculatore è piuttosto gustoso. Inizialmente è facile accordare la propria empatia a un individuo ambizioso ma irrealizzato, si fa il tifo per lui, affinché possa avere la sua occasione. Solo in seguito si scopre di aver solidarizzato col villain del film, devoto solo al Dio profitto e allergico a qualsiasi principio morale. Col successo Kroc si lascia alle spalle l'insapore mogliettina (Laura Dern) e dà corpo al lato oscuro dell'american dream: il capitalismo feroce e predatorio.
Nessun cenno di condanna in corso d'opera per l'abilità, la tenacia e la scaltrezza di questo sciacallo, solo il racconto, un po' didascalico, delle sue gesta.
Diretto in maniera lucida e schietta, il film poggia soprattutto sulla performance ipnotica di un Micheal Keaton davvero in stato di grazia. Da vedere.
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