Funziona il «Ciro» da cinema

Diciamoci la verità: se non fosse per la loro musica, alcuni soggetti delle opere dimenticate di Rossini meriterebbero di restarsene nel dimenticatoio. E' il lampante caso della obliata Ciro in Babilonia: il suo libretto parve vetusto già ai suoi contemporanei, nel 1812; figurarsi quanto resterebbe sullo stomaco di un pubblico moderno. Ma ecco l'intuizione geniale con cui nel 2012 il Rossini Opera Festival, sempre così serio nel recuperare il Rossini defunto, decise di riesumare questo: senza prenderlo affatto sul serio. Si può ironizzare sul Rossini drammatico? Si può: e il successo travolgente del rinato Ciro da mercoledì nuovamente a Pesaro - sta tutto qui. Nel coraggio con cui il regista Davide Livermore l'ha preso affettuosamente in giro, trasformando un improbabile polpettone kolossal-biblico nel suo più recente, e divertente, derivato: il cinema kolossal-biblico degli anni del muto. La solita trovata? No: il modo più colto e spiritoso per tramutare un difetto in pregio. Ecco allora che durante la sinfonia alcuni spettatori affamati di emozioni (il coro) siedono davanti allo schermo su cui si proietta un Ciro in Babilonia stile Cabiria o Quo Vadis? Ne verranno tutti risucchiati, come nei film di Woody Allen. Mentre ammiccanti video-proiezioni edificano fastose scenografie e creano l'effetto della vecchia celluloide rigata, i cantanti occhi bistrati al nerofumo come i cattivi di Charlot - recitano nello stile carico e involontariamente comico di Francesca Bertini.

I costumi di Gianluca Falaschi, poi, sono uno spettacolo nello spettacolo: azzeccati al punto d'imprimere stile e gusto a tutto l'allestimento. Il risultato complessivo è incantevole. Anche perché realizzato con un senso della misura di cui altrove Livermore ha difettato. Servita da un simile idea, la musica di Rossini rifulge. I melomani possono spellarsi le mani per Ewa Podles (Ciro) uno dei pochi contralti puri oggi su piazza. E pazienza se nel primo atto un certo affaticamento e un fastidiosa «esse» sibilante ne appannano la performance.

La vera sorpresa della serata, però, è Pretty Yende (Amira): tornita e generosa, sostenuta dalla corretta

direzione di Jader Bignamini, delizia il pubblico con la pirotecnica «Deh! Per me non v'affliggete». E quando sullo schermo appare la parola «Fine», alle ovazioni degli spettatori finti si uniscono quelle del pubblico vero.

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