FuoriSerie

Non è facile avere a che fare con una saga di culto come Star Trek. Tanto per dire, la trilogia cinematografica girata da J.J. Abrams è molto di effetto ma non rispetta i canoni di scientificità che caratterizzavano serie e film precedenti.

Ora è arrivata su Netflix, a dieci anni dall'ultima stagione di Star Trek Enterprise, l'attesissima Star Trek: Discovery. E c'è da dire che le prime due puntate davvero non deludono. Ritmo sostenuto, battaglie spaziali mozzafiato, e una trama che promette bene, portando lo spettatore alla scoperta dell'origine del grande conflitto tra la Federazione dei pianeti e i feroci, e sovranisti, Klingon. La parte visiva della serie ovviamente è curatissima, ma questo ormai è il minimo, e non ci si aspettava niente di meno. A far contento il fan di lunga data sarà, invece, il ritorno all'accuratezza fantascientifica. C'è una scena di decollo con tuta spaziale autopropulsa che sembra un documentario della Nasa. E la cura si nota in tanti piccoli dettagli, comprese le citazioni oggettuali delle serie classiche. Sulla Uss Shenzou (la nave al centro dei primi due episodi) - la Discovery arriva dopo - in mezzo a schermi piatti e effetti non pensabili negli anni sessanta spuntano faser e lettori di dati perfettamente armonici con quelli della serie originale, di cui Star Trek: Discovery è un prequel, essendo ambientata dieci anni prima circa.

A fare la differenza col passato sarà invece il fatto che gli episodi sono molto meno autonomi l'uno dall'altro. Ma questo, per una serie contemporanea che valga qualcosa, è quasi inevitabile. E funziona anche la scelta della protagonista femminile (non è solo un omaggio al politicamente corretto).

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