"Stranger Things", torna il lato oscuro degli anni '80

"Stranger Things",  torna il lato oscuro degli anni '80

Sta per tornare su Netflix Stranger Things. Con tutte le serie che ci sono, non sempre è il caso di parlare di una seconda stagione. In questo caso sì. Per più motivi. La prima stagione è stato un vero e proprio fenomeno. Le sue atmosfere che hanno ben bilanciato l'horror (blando) e il rimpianto per gli anni ottanta ne hanno fatto rapidissimamente un oggetto di culto. Merito di una sceneggiatura furba ( dei fratelli Matt e Ross Duffer), nel premere sempre sui tasti giusti per un pubblico over quaranta cresciuto con i film di quegli anni o di giovani che iniziano a trovarli vintage. Non bastasse ha riportato in auge una vecchia gloria del cinema (questa volta anni Novanta) come Winona Ryder.

Ovviamente la seconda stagione, disponibile da venerdì, non può più contare sull'effetto novità. Però è comunque dotata di una trama solida e corale. Ancora più che nella prima stagione (anche se con il citazionismo a questo giro a tratti si esagera). Nel 1984, a un anno circa dagli eventi che hanno aperto un varco tra il Sottosopra e la cittadina di Hawkins tornano i ragazzini che hanno fatto quadrato attorno alla fuggitiva e sensitiva Eleven. Eleven, Mike e gli altri bambini stanno iniziando a crescere, e il passaggio dall'infanzia all'adolescenza è un ottimo combustibile narrativo. Arrivano anche dei nuovi personaggi (ma niente spoiler) che rendono questo microcosmo vintage-fantasy-horror ancora più interessante.

A stupire è comunque ancora la bravura degli interpreti più giovani, recitano gli anni Ottanta ma sono molto più attori dei loro coetanei dei grandi film classici dell'epoca (chiedo perdono per lesa maestà al cast dei Goonies, miei idoli giovanili).

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