Gino Santercole, il duro che cavalca il rock'n'roll

Il nipote di Celentano, a 74 anni, torna con un nuovo disco e racconta la sua vita in musica, sempre senza compromessi

Gino Santercole, il duro che cavalca il rock'n'roll

Ha ancora la voce roca e potente, anarchica come blues comanda. Ha 74 anni ma ancora quella vena di follia che caratterizza i pionieri del rock'n'roll... Non è mai venuto a patti con il music business e ne ha pagato le conseguenze, rimanendo per anni fuori dal giro nonostante le sue «conoscenze». Perché Gino Santercole (nipote di Adriano Celentano e ex marito della sorella di Claudia Mori) è artista indipendente, fondatore dei Ribelli, membro attivo del Clan, autore di brani come Una carezza in un pugno e Svalutation ma soprattutto musicista indipendente. Con quell'aria un po' guascona che sfoggia al cinema (ha interpretato diversi film girando con registi che vanno da Scola a Monicelli) oggi Santercole rivendica la propria identità con un nuovo cd che si intitola programmaticamente Voglio essere me.

Blues, atmosfere jazz, ricordi di vita si fondono - con la sua voce da crooner - in un elegante cocktail che celebra il passato senza lasciar spazio alla nostalgia. «Sono nato con il rock'n'roll e con la musica nera di Louis Armstrong e di Ray Charles - ricorda - e non tradisco le mie origini, pur vivendo intensamente l'attualità. Oggi i ragazzi vogliono essere tutti come Vasco Rossi, io voglio essere me. Per questo nell'album ho inserito diversi stili, tutti legati alle mie radici». Si passa quindi con disinvoltura dai toni r'n'b di Voglio essere me a quelli introspettivi della ballad You Think and Think , dalla evocativa Such a Cold Night Tonight (Che notte fredda, tratta da Yuppi Du ) a Succede su testo di Leo Chiosso («avrei tanto voluto che Leo potesse sentirla su disco»). A chiudere l'album lo strumentale Il valzer di zio Amedeo , tenero sguardo all'infanzia milanese nella mitica via Gluck. «Eravamo una famiglia di emigrati pugliesi e in cortile ascoltavo mio padre suonare una chitarra che si era costruito da solo, mio zio Amedeo al mandolino e mia madre alla voce. Ho registrato il brano in casa per mantenere la purezza della versione originale».

È leale e combattivo come sempre, Santercole, uno che non le manda a dire a nessuno. «Questo è anche un disco di ribellione, che vuole parlare di attualità, di come un cantante della mia età, che io definisco giovane-vecchio, trovi tante difficoltà a farsi sentire senza scendere a compromessi. Ripeto, io amo il rock'n'roll, il rock per me è solo casino, io vengo da Elvis, Fats Domino, Jerry Lee Lewis. Oggi va di moda il rap, ma noi lo facevamo già mezzo secolo fa». Già, forse non proprio il rap, comunque Gino, partendo dalla via Gluck, è stato pioniere di una musica nuova, al fianco di Celentano e alla guida dei Ribelli, all'epoca ancora lontani anni luce da Demetrio Stratos. «Fummo uno dei primi complessi beat, nati per accompagnare Adriano quando si sciolsero i Rock Boys e poi partiti per una carriera autonoma».

Ma anche lui si stacca presto dal gruppo, personalità troppo esuberante per rimanere intrappolato in una band (dopo aver inciso il singolo di successo Chi sarà la ragazza del Clan , nato per lanciare Milena Cantù). Nel '66 è al festival di Sanremo con Il ragazzo della via Gluck; da una parte Celentano, dall'altra lui in trio con Pilade e Ico Cerutti. «Avevamo preso un tranquillante, poi Gino Paoli ci offrì un whisky, così uscimmo sul placo completamente storditi». Di Celentano non ama parlare. «Siamo parenti e ci sentiamo ogni tanto. In molti mi chiedono gossip su Adriano, ma io non mi presto. Un tempo abbiamo litigato, poi tutto è tornato normale».

Dall'ultimo cd del 2010, passato nel dimenticatoio, Santercole recupera qui Nessuno è solo e lancia la sua polemica: «Mi chiedono “come mai i tuoi brani non passano per radio?”, facendo finta di non sapere che per far sentire un disco in radio bisogna pagare migliaia di euro», dice in coro con la moglie-manager Melu, che gli sta vicino da 42 anni e che canta nel brano Cambiare per cambiare.

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