Dopo gossip e corna il divo di «Twilight» torna a farsi vedere

Molti lo ricordano per la canzone-tormentone degli anni Novanta intitolata Loser. Faccia d'angioletto, capelli biondi e vocione da post bluesman cantava «Soy un perdedor/I'm a loser baby/ so why don't you kill me?» («Sono un perdente/ perché non mi ammazzi?»). Ora Beck Hansen, in pefetta coerenza con la sua figura di animale strano del pop, ha pubblicato un disco in una forma controcorrente, nuova, nuovissima. Anzi vecchissima. Beck Hansen's Song Reader è un disco senza disco, e anche senza file mp3 da scaricare. Esiste soltanto come spartito. Chi lo vuole ascoltare dovrà imparare a suonare uno strumento (i siti americani suggeriscono l'ukulele, ma forse è meglio farsi qualche lezione di solfeggio con la sempiterna, e più duttile, chitarra acustica). Le partiture del disco si presentano sotto forma di raccolta di venti libretti singoli. A riguardo sono interessanti le parole di Lee Brackstone, direttore della casa editrice, la prestigiosa Faber e Faber: «L'opera è una radicale presa di posizione circa il valore e l'importanza di eseguire e registrare musica, in un periodo in cui questo valore e questa importanza vengono messi sempre più in discussione». Si tratta, insomma, di uno sbotto contro la perdita d'aura della musica nell'era della riproducibilità tecnica. Una versione musicale del libro d'artista.
E non è l'unica stranezza discografica degli ultimi anni, anzi. I colleghi di Beck hanno fatto di tutto in tema di forme di marketing alternativo, per reagire allo sprofondo nella vendita dei dischi. L'ultima iniziativa è di Madonna, che in occasione dell'Mdna Tour di quest'anno offriva il cd in omaggio agli acquirenti del biglietto: il risultato non è stato esaltante, sia dal punto di vista discografico che da quello dei biglietti venduti. Invece gli Afterhours, in occasione dell'uscita dell'ultimo cd, Padania, avevano fatto l'operazione inversa: chi comprava il disco otteneva un codice per accedere al concerto della rockband milanese.
Le vie per arrivare al consumatore sono infinite, insomma. Lo sa bene Sir Paul McCartney, che già nel 2007 aveva stretto un accordo con la catena Starbucks, quella di caffé e cappuccini. Metà dei dischi sarebbero transitati dalla distribuzione tradizionale, l'altra metà sarebbero stati venduti via Starbucks. L'accordo è ancora in vigore: anche Kisses on the bottom, ultimo disco dell'ex beatle, è disponibile negli Starbucks Store.
Perdita di potere, e di copie, da parte delle case discografiche, dunque, cui si cerca di rimediare arrangiandosi come si può. Per esempio con il marketing virale, potenzialmente infinito. Nel 2007 Trent Reznor, leader del gruppo Industral Nine inch Nails, ha «viralizzato» il disco Year Zero, nascondendo nei gabinetti dei locali in cui si trovava a suonare pennette Usb con alcuni brani. Più virale di così. Non solo: furono aperti una serie di siti contenenti reality games alternativi ispirati al disco, che per un periodo fu anche disponibile in streaming gratuito. Anche se il primo grande gruppo a liquidare la casa discografica furono i Radiohead, con il disco In Rainbows (2007) che si poteva scaricare dietro donazione libera dal sito. Non è chiaro se l'operazione abbia avuto economicamente successo: per alcune società di monitoraggio si sarebbe trattato di un flop economico, il gruppo di Tom Yorke si è sempre rifiutato di fornire dati.
E c'è anche il caso Prince. La rockstar di Minneapolis ha seguito la strada del disco «a panino» con un quotidiano. Già nel 2007 Planet Earth fu distribuito gratuitamente con ogni copia del The Mail on Sunday. Successivamente, nel 2010, 20 Ten è stato allegato a una serie di quotidiani europei, da Le Monde a Het Nieuwsblad.

Anche in questo caso i risultati di vendita non sono stati esaltanti.
Data la situazione forse la scelta da hidalgo rock di Beck ha un significato: la musica, anche il rock, come fatto elitario. Il pop che smette di essere popolare, per non trovarsi a competere coi cappuccini.

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