La grande ammucchiata

La grande ammucchiata

Avanti, prego: c’è posto per tutti. O almeno così sembra. Il disco di Laura Pausini, che esce oggi nel giorno palindromo di questo secolo, 11.11.11, inaugura la solita inarrestabile alluvione di pubblicazioni prenatalizie. Un classico, direte, e dopotutto sotto l’albero finisce una bella fetta di fatturato della discografia. E non solo qui in Italia, da noi teneroni latini pazzi per i regali: anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti funziona così. Ma, oggi che è l’annozero della discografia asfissiata, è ancora la soluzione giusta? Conviene davvero? Intanto è già pronto un elenco di titoli lungo da qui a lì. Pensate, solo tra il 28 e il 29 novembre usciranno l’attesissimo Adriano Celentano con Facciamo finta che sia vero, Tiziano Ferro con L’amore è una cosa semplice, Antonello Venditti con Unica. Un tris di fenomeni, gente singolarmente da primo posto sicuro, ma sovrapposti uno all’altro chissà. In ogni caso, visti i tempi e considerata solo la vendita di supporti fisici, una parte di ascoltatori dovrà far delle scelte, dilazionare, rinviare o addirittura trattenersi. Mica bello. E, soprattutto, mica conveniente (per i discografici, ca va sans dire). Oltretutto, il 29 tocca anche alla deluxe edition di Ora di Lorenzo Jovanotti e a un doppio di Roberto Vecchioni, e questo solo per restare alla musica italiana. Tre giorni prima esce un altro superclassico, Renato Zero, con una raccolta di brani storici e inediti. E nei negozi di dischi (quei pochi rimasti) in pochissimo tempo si troverà di fianco a Piccolino di Mina, al doppio (dicono molto bello) di Mario Biondi intitolato Due, a Cinque passi in più di Alessandra Amoroso, alla Ultra resistant edition di S.C.O.T.C.H di Daniele Silvestri con un dvd dal vivo, all’edizione natalizia di Chocabeck di Zucchero (già campione d’incassi dello scorso Natale) e alle Canzoni Tour 2011 di Edoardo Bennato.
Le uscite internazionali, poi.
Citando a caso, il 22 iniziano Rihanna con Talk that talk, un remix e una collezione doppia di Lady Gaga con un concerto al Madison Square Garden di New York e ancora l’inevitabile Michael Jackson di Immortal. Poi a pioggia arrivano il live di Shakira, Mary J Blige di My life II, Speak now di Taylor Swift e l’inedito, ovviamente attesissimo, di Amy Winehouse Lioness: hidden treasures (il 6 dicembre). Insomma, in un mese come sempre si concentra almeno il 70 per cento delle pubblicazioni, salvo poi qualche affollamento nel periodo primaverile in vista dei tour estivi. E’ un imbuto obbligato che rischia di danneggiare tutti. Sono le tappe sclerotizzate del calendario discografico. Forse erano scadenze che venti anni fa l’euforia del mercato rendeva produttive, se non altro perché i tempi medi di sopravvivenza di ciascun disco erano più dilatati e la raffica di pubblicazioni meno stringente. Se non si riusciva (per scelta o per carenza di sghei) ad acquistare un album, si poteva tranquillamente aspettare. Oggi non è più così. Oggi l’incredibile accelerazione della discografia, quel metabolismo da oca che porta a sfornare un disco via l’altro, obbliga l’appassionato a perdere per strada dischi che magari avrebbe comprato.

E forse obbliga anche l’industria a perdere fatturato. Insomma, sarebbe meglio finirla con i dischipanettoni e lasciar festeggiare tutto l’anno perché le feste comandate, dopotutto, sono poco rock e molto ma molto lente.

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