Un grande Muti incanta la platea di giapponesi

Giovanni Gavazzeni

L'Ordine del Sol levante, medaglia stellata oro-argentea, è la massima onorificenza che il Giappone conferisce a un non giapponese. Questo riconoscimento è stato consegnato dall'Ambasciatore giapponese Umemoto al maestro Riccardo Muti nel corso del concerto a Ravenna che ha ricordato i centocinquanta anni delle relazioni diplomatiche fra Italia e Giappone. Relazioni iniziate sul fronte commerciale, la via della seta, e proseguite, dopo le follie belliche dell'Asse Roma-Berlino-Tokyo, sul binario del reciproco scambio culturale, essendo divenuto l'Impero giapponese uno dei maggiori, se non il maggiore, fruitore della musica classica occidentale. Nel corso della seconda metà del Ventesimo secolo, il pubblico giapponese è divenuto informato e competente, grazie alla presenza costante dei massimi artisti, delle orchestre, dei teatri e dei solisti più prestigiosi.

Il Maestro Muti, anche su questo versante è decano, avendo iniziato a frequentare l'arcipelago nipponico nel 1975, insieme alla Filarmonica di Vienna, divenendo, soprattutto nel suo Ventennio di direzione musicale del Teatro alla Scala, presenza amata e ammirata dai giapponesi. Fin qui le ragioni storiche del premio. Questa onorificenza ha preso una luce particolare per la dolorosa congiuntura temporale in cui è caduta la consegna: l'attentato di Dacca, in cui sono morti innocenti vittime giapponesi e italiane, ricordato dal maestro Muti con parche e sentite parole. Poi, dopo gli inni nazionali, il dovizioso parterre italo-nipponico ha potuto ascoltare una scelta di brani delle opere del primo Verdi (Nabucco, Lombardi, Attila, Macbeth), da sempre nel cuore della sensibilità di Muti. Pagine verdiane suggellate dalla sua più bella sinfonia operistica, quella per l'inesorabile Forza del Destino. Serata chiusa in apoteosi con il geniale Prologo del Mefistofele di Arrigo Boito, dove hanno potuto riunirsi tutte le forze in campo, secondo la consuetudine delle «Vie dell'amicizia» che unisce musicisti di tutte le nazioni. Falangi corali friulane e baresi, le voci bianche del Coro della Scala hanno suonato assieme all'Orchestra Cherubini e del Festival Tokyo-Harusai. Non da dimenticare la presenza, nelle parti emblematiche di Attila e del Mefistofele, di Ildar Abdrazakov, fra i maggiori cantanti in chiave di basso.

Due giorni dopo, sempre al Ravenna Festival, Muti ha diretto la «Cherubini» in un programma mozartiano e verdiano, dove era solista David Mc Gill.

Fra le sinfonie di Giovanna d'Arco e Battaglia di Legnano, Mc Gill ha trasformato il fagotto in strumento «cantante», imitando le voci di Manrico, Azucena e del Conte di luna nella Fantasia su temi del Trovatore di Francesco Cappa, opera scoperta nel mare magno della Biblioteca del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli. Una biblioteca, ha ricordato Muti, fra le più ricche al mondo, che ancora è classificata «scolastica». Chi ha orecchie per intendere, intenda.

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