Dai e ridai, Gianluca Grignani ha finalmente trovato una quadra. Ha zigzagato, si è inabissato, ha avuto successi enormi, lunghe oscurità e corti pettegolezzi su dipendenze ed eccessi (ad esempio quelli recenti di Riccione). Però è riuscito a deragliare dai binari standard della ballata d'amore e del manifesto ribelle post adolescenziale per comporre le dieci canzoni più complete e autobiografiche della sua storia lunga oltre vent'anni. E, dopotutto, lo conferma anche il titolo del disco che esce domani: A volte esagero . Rock a volte forte (come in Mostro ). Testi a volte fortissimi (ad esempio Uomo di sabbia o Fuori dai guai o Madre ). «Mi ha dato una scossa il riascolto di Working class hero di John Lennon: mi ha aiutato a dire ciò che difficilmente si ha il coraggio di dire». Intanto il bisogno d'amore, ovvio, che si raccoglie nel verso slogan di Rivoluzione serena («Voglio sesso, tenerezza, gioia e luce»): «Quello è un brano che mi è scoppiato dentro all'improvviso dopo una chiacchierata con Red Ronnie: lui mi ha aiutato moltissimo nel tempo disperato che ho dedicato a questo disco».
A pensarci bene, il tempo di Grignani è disperato sin da quando si è presentato giusto vent'anni fa a Sanremo Giovani con La mia storia tra le dita , super singolo confermato l'anno dopo da Destinazione Paradiso (sulla bilancia discografica vale oltre due milioni di copie vendute). Dopo l'enorme successo, Grignani sparì in una nebbia così fitta che qualcuno sparse la voce fosse addirittura morto di overdose. Poi tornò con quel disco pazzesco e incompreso che è La fabbrica di plastica e da lì è iniziata la sua altalena: buio e luce, alti e bassi. «Ora sono uscito dalla gabbia dorata nella quale giocoforza vivono tanti artisti». Lo conferma, a modo suo, anche il brano A volte esagero , ispirato a un «fratello di strada» che, come spiega Grignani, «nella vita di tutti i giorni si arrampica sui tralicci per conto dell'Enel». E in tutto il disco c'è una continua scalata per superare i luoghi comuni, spesso lasciandoci qualche oncia di sofferenza. Come in Non voglio essere un fenomeno (uno dei più trasmessi dalle radio) con un verso che potrebbe diventare il claim di una campagna social: «Esser famosi è già fuori moda». Spiegandolo, Gianluca Grignani si inalbera: «Essere famosi è diventato quasi un obbligo e ormai mi sono stancato di scrivere le solite canzonette con gli accordi giusti e le parole giuste. E mi annoia anche chi pensa che per esprimere i concetti giusti si debba imbracciare la rabbia. Io voglio una rivoluzione serena».
Detto da lui, che è sempre apparso arrabbiato, contrastato, intimamente sofferente... «Per incidere queste canzoni ho investito soldi miei, e tanti, perché i tempi si erano fatti lunghi, ho vissuto per un anno lontano da casa e volevo un album con i fiocchi». Difatti in Non voglio essere un fenomeno l'assolo di chitarra (bellissimo) è di Michael Thompson e quello de Il mostro è della leggenda italiana Alberto Radius. Uno sforzo enorme che a metà luglio il guaio di Riccione ha messo in bilico: Grignani fermato dai carabinieri per violenza e resistenza a pubblico ufficiale con tanto di liti e spintoni. Risultato: obbligo di firma tre volte a settimana e discussione in tribunale fissata per il 16 settembre: «Di questa questione ormai in famiglia ne ridiamo: era un periodo stressante, quella sera avevo sbevazzato con gli amici e poi a casa ho scoperto di aver finito lo Xanax che prendo per un'ansia così forte da farmi calare addirittura la vista. Ho fatto chiamare un amico carabiniere perché non volevo che la gente mi vedesse in quella situazione. Lui non c'era, sono arrivati i suoi colleghi, mi sono dimenato e uno di loro è caduto per terra. Gli ho chiesto scusa tantissime volte.
Poi in ospedale, sono stati tutti gentilissimi, ma io volevo parlare con mia moglie e i miei figli, per questo non mi calmavo». Una parentesi in quella «rivoluzione serena» che canta e che sogna. E un altra di quelle nicchie buie nelle quali ogni tanto gli capita di inciampare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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