La "guerra privata" di Marie, giornalista senza paura

Nel film di Matthew Heineman, Rosamund Pike interpreta la «reporter con la benda» uccisa a Homs

La "guerra privata" di Marie, giornalista senza paura

Los Angeles

Nel Samuel Goldwyn Theatre di Londra, durante la première europea di A Private War, lungometraggio che arriverà in Italia il 22 novembre e che descrive la vita e l'uccisione della storica inviata di guerra americana del Sunday Times Marie Colvin, la protagonista Rosamund Pike ha tracciato un parallelismo tra il film e il recente omicidio del giornalista d'inchiesta Jamal Khashoggi. «Questo è il prezzo che alcune persone pagano, per aver consegnato al mondo la verità - ha commentato l'attrice, interprete della reporter statunitense - È spaventoso quello che è successo a Jamal Khashoggi, profondamente inquietante».

Khashoggi, come la Colvin sei anni prima, ha pagato con la vita la sua urgenza di fare conoscere al mondo verità scomode. La Colvin venne uccisa nel febbraio 2012 dopo essere entrata in Siria illegalmente in sella ad una motocicletta da cross, per documentare la guerra all'interno del Paese. Il film segue la carriera giornalistica della donna, dai viaggi in giro per il mondo per documentare gli orrori bellici, fino al decesso causato da un ordigno esplosivo a Homs, passando per la perdita dell'occhio sinistro, in seguito all'esplosione di un razzo, in Sri Lanka nel 2001. La benda sull'occhio che indosserà da quel momento in poi sarà il suo tratto distintivo, il simbolo del suo coraggio e della sua volontà di mettere la verità davanti alla sua stessa incolumità. «Per certa gente si usa l'espressione fearless, senza paura dice l'attrice che la interpreta Non credo sia il termine giusto. Certa gente mette la sua passione davanti alla paura, che comunque esiste, e questo comportamento si chiama coraggio. Lei non riportò solo danni fisici: anche le ferite psicologiche portate dall'essere nei loghi più scomodi della terra furono pesantissime per questa coraggiosa donna». Nel cast c'è anche il protagonista della saga di Cinquanta sfumature di grigio, Jamie Dornan, che interpreta il collega fotografo della Colvin Paul Conroy.

Il regista e documentarista americano Matthew Heineman, al suo esordio per quanto riguarda un feature film, afferma che A Private War è «uno sforzo per onorare l'importanza del lavoro della Colvin e di altri giornalisti come lei». In precedenza, le sue esperienze dietro la macchina da presa come documentarista hanno riguardato spesso fronti di guerra e altre situazioni pericolose. Il suo documentario Cartel Land, che descrive i traffici di droga fra Stati Uniti e Messico, lo ha portato a filmare i laboratori in cui vengono prodotte le metamfetamine in Centro America e a rischiare la propria vita sfidando i signori della droga messicani. Quel lavoro d'inchiesta gli valse una nomination agli Oscar e la vittoria di tre Emmy nel 2016. Per sua stessa ammissione, sono state proprio questo tipo di esperienze a ispirarlo e guidarlo nella realizzazione di A Private War, a cui ha cercato di dare un approccio fortemente documentaristico, inserendo fatti e luoghi reali oltre che le testimonianze di persone realmente esistenti. «Il giornalismo è il fondamento di una società libera e democratica - ha detto Heineman sul tappeto rosso - Per me, questo film non è solo un omaggio a Marie, ma a tutte le persone come lei, che stanno lottando per la verità e cercano di mettere luce negli angoli bui del mondo». La Pike ha voluto anche evidenziare l'importanza del giornalismo nel panorama politico odierno, spiegando che ha cercato di incarnare ogni aspetto della Colvin, fino ad arrivare a non togliersi quasi mai la benda sull'occhio per cui la reporter era diventata riconoscibile in tutto il mondo. «Ho viaggiato indossando una benda in tutta la Giordania - dove il film è stato girato per capire fino in fondo la vulnerabilità che quella donna provava e le difficoltà che affrontava quotidianamente».

La famiglia della Colvin ha preso le distanze dal progetto cinematografico, affermando che quanto raccontato non corrisponde interamente all'eredità lasciata dalla giornalista, ma la Pike, naturalmente, difende il lavoro fatto: «Credo che Heineman sia riuscito a catturare l'essenza della personalità e del lavoro della Colvin al massimo di quel che si può fare in un film che comunque non è un documentario».

Non sono mancate nel corso della première le critiche all'attuale amministrazione statunitense rea, secondo Amel, di essersi schierata apertamente contro i media, influenzando il modo in cui la gente pensa di doversi approcciare ai giornalisti

stessi. «Questa situazione ha spiegato lo scrittore persiano residente a Los Angeles - continuerà a peggiorare fino a quando tollereremo che il Presidente degli Usa denigri l'intera categoria dei giornalisti in questo modo».

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