House of Gucci? Un film fallimentare con Lady Gaga che non appassiona

House of Gucci è il film che ripercorre gli eventi che hanno portato all'omicidio di Maurizio Gucci, ma la pellicola di Ridley Scott è stata ampiamente criticata dalla famiglia

House of Gucci? Un film fallimentare con Lady Gaga che non appassiona

House of Gucci è l'ultimo, chiacchierato film di Ridley Scott incentrato sulla storia d'amore tra Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani, conclusasi con un omicidio e una condanna a ventinove anni, poi commutati in 26. Il regista de Il gladiatore ha scelto di raccontare la storia di una delle famiglie più in vista nel mondo della moda e per farlo ha scelto di affidarsi a un cast stellare, che include Lady Gaga, Al Pacino, Adam Driver e Jared Leto. Girato in parte anche in Italia, House of Gucci ha saltato tutti i maggiori Festival di cinema internazionali, dando così la sensazione che la qualità del film non fosse eccelsa. Già prima della fine delle riprese la famiglia Gucci aveva avuto modo di scagliarsi contro la pellicola di Ridley Scott per la scelta di non interpellare i veri protagonisti della vicenda e basandosi su un libro che già in passato era stato attaccato da Patricia Gucci, figlia di Aldo Gucci, l'uomo alla base dell'espansione del brand di lusso.

House of Gucci, la trama

House of Gucci, che arriverà nelle sale italiane il 16 dicembre, segue le vicende di Patrizia Reggiani (Lady Gaga) e del suo innamoramento con Maurizio Gucci (Adam Driver), erede di un grande impero di moda che, in un primo momento, sogna di diventare avvocato. Dopo essere stata la causa della divisione tra Maurizio e suo padre (Jeremy Irons), Patrizia decide di voler avere una parte nel rilancio dell'industria di famiglia e così si avvicina allo zio di Maurizio, Aldo Gucci (Al Pacino) che ha le sue idee precise su quale strada debba intraprendere Gucci per diventare ancora più grande. Tuttavia ben presto Patrizia capisce che nemmeno Aldo la considera abbastanza in gamba o "di famiglia" per poter mettere bocca sul destino della casa di moda. Così Patrizia suggerisce a suo marito di "imbrogliare" il cugino Paolo (Jared Leto) per ottenere la maggioranza delle azioni. Da questo momento in poi la vita della coppia prenderà una piega inaspettata, che arriverà al culmine quando Patrizia darà l'ordine di far assassinare l'ormai ex marito.

Gli italiani visti (male) da un anglofono

House of Gucci aveva, sulla carta, tutte le potenzialità per essere un film potente, che avrebbe potuto concorrere ai prossimi premi Oscar. A ben guardare sembrava esserci tutto: un ottimo cast, costumi impeccabili e persino un vero delitto che avrebbe potuto aggiungere alla storia quella verve drammatica che avrebbe potuto farlo schizzare in cima all'Olimpo di Hollywood. Eppure tutti questi elementi, messi nelle mani di Ridley Scott, hanno portato alla realizzazione di un film che somiglia più che altro a una soap-opera eccentrica e bizzarra, che spinge troppo sull'acceleratore del trash e porta lo spettatore a ridere anche dove non era previsto. Più che un film biografico House of Gucci sembra la parodia di una famiglia nota, seppellita da pregiudizi e stereotipi sbagliati sull'Italia negli occhi di un americano.

La prima cosa che salta all'occhio e che fa subito storcere il naso in House of Gucci è la scelta di far recitare il cast con un inglese dal forte accento italiano. Si tratta di un vezzo artistico messo in atto probabilmente per sottolineare la bravura degli attori e pensato soprattutto per il pubblico anglofono. Perché uno spettatore italiano passerà gran parte dei (troppi) 165 minuti di durata a chiedersi perché una famiglia italiana debba parlare inglese con l'accento italiano. Sarebbe stato molto più saggio e persino credibile far recitare il cast in inglese, con il loro accento, e dare a chi guarda la possibilità di lasciarsi andare a quella sospensione dell'incredulità richiesta in ogni atto affabulatorio. A peggiorare la situazione, inoltre, c'è il fatto che nonostante il cast parli in inglese fortemente accentato, di tanto in tanto vengono piazzate frasi e parole in italiano completamente a caso. Ci sono scene in cui Lady Gaga o Adam Driver parlano in inglese per tutto il tempo e poi passano all'italiano. Questo porta a un'asimmetria e a un non-sense generale che non solo confondono lo spettatore, ma lo spingono a deridere persino gli sforzi fatti dal cast per imparare un accento diverso dal loro. Questo fa sì che House of Gucci sia un film che paradossalmente andrebbe visto doppiato, per arginare questa sensazione costante di straniamento dovuta alla scelta inutile e deleteria di forzare gli attori a imparare un accento che non serviva a nulla.

A questo si deve aggiungere anche una precisa scelta narrativa che spinge i personaggi a smettere di essere tali e a trasformarsi in macchiette di una farsa. Lady Gaga dimostra di essere una buona interprete, ma molto spesso le viene chiesto di esagerare così tanto nelle reazioni e nelle espressioni del personaggio chiamata a interpretare che finisce con l'essere un insieme di smorfie caricaturali. E lo stesso discorso si applica anche ad Al Pacino e Adam Driver: da una parte un uomo esageratamente euforico e dall'altro un manichino che sembra non avere altro scopo durante il film che partecipare a riunioni di cui sembra non capire molto. Ma forse il punto più basso, in questo senso, è stato raggiunto da Jared Leto. La sua interpretazione è grossolana, a tratti imbarazzante: di Paolo Gucci non resta altro che un volto quasi cartoonesco, esageratamente drammatico e con un accento che lo fa sembrare più un russo che un italiano.

Le accuse della famiglia (e non solo) contro House of Gucci

Già Patrizia Reggiani si era scagliata contro la produzione del film di Ridley Scott dal momento che nessuno, neanche Lady Gaga, si era premurata di incontrarla per sentire la sua versione della storia o avere comunque un contatto diretto con quella che è la protagonista assoluta della vicenda narrata nella pellicola. Ma l'imminente uscita della pellicola nelle sale cinematografiche ha spinto gli eredi della famiglia Gucci a divulgare un comunicato, riportato da Repubblica, in cui si legge: "La famiglia Gucci, nel ramo discendenti di Aldo Gucci, prende atto dell’uscita del film House of Gucci con sconcerto perché, nonostante l’opera affermi di voler raccontare la ‘vera storia’ della famiglia’, i timori suscitati dai trailer e dalle interviste rilasciate finora sono confermati: il film veicola una narrazione tutt’altro che accurata. La produzione del film non si è curata di interpellare gli eredi prima di descrivere Aldo Gucci – presidente dell’azienda per trent’anni – e i membri della famiglia Gucci come teppisti, ignoranti e insensibili al mondo che li circondava, attribuendo ai protagonisti delle note vicende toni e atteggiamenti che mai sono loro appartenuti. Ciò è estremamente penoso sotto un profilo umano e un insulto all’eredità su cui il marchio è costruito oggi. Ancora più censurabile è la ricostruzione che diviene mistificatoria ai limiti del paradosso quando arriva a suggerire toni indulgenti nei confronti di una donna che definitivamente condannata per essere stata la mandante dell'omicidio di Maurizio Gucci viene dipinta non solo nel film, ma anche nelle dichiarazioni dei membri del cast, come una vittima che cercava di sopravvivere in una cultura aziendale maschile e maschilista. Questo non potrebbe essere più lontano dalla verità. Peraltro, nei 70 anni di storia in cui è stata un'impresa familiare, Gucci è stata un'azienda inclusiva. Anzi, proprio negli anni Ottanta erano diverse le donne che ricoprivano posizioni di vertice: che fossero membri della famiglia o estranei ad essa, si annoverano la presidente di Gucci America, la Head of Global PR & Communication, e un membro del consiglio di amministrazione della società Gucci America. Quella di Gucci è una famiglia che vive onorando il lavoro dei suoi antenati, la cui memoria non merita di essere importunata per mettere in scena uno spettacolo non veritiero e che non rende giustizia ai suoi protagonisti. I membri della famiglia Gucci si riservano ogni iniziativa a tutela del nome, dell'immagine e della dignità loro e dei loro cari".

Alle accuse il regista Ridley Scott ha risposto attraverso un'intervista con Total Film in cui ha spiegato:"Ho cercato di essere il più rispettoso e preciso possibile. Spazio e tempo ogni tanto devono saltare a causa della lunghezza del film. Ma le persone che ci stanno scrivendo dalla famiglia ci hanno insultato in modo preoccupante, dicendo che Al Pacino non rappresenta fisicamente Aldo Gucci, da nessun punto di vista. Ma, francamente, da chi potrebbero essere rappresentati meglio se non da Al Pacino? Scusatemi, avete gli attori migliori al mondo. Dovreste sentirvi dei fortunati del cazz*" .

Tuttavia la leggerezza con cui Ridley Scott ha lavorato alla messa in scena del suo film si percepisce dal modo in cui parla della costruzione di Paolo Gucci. Nel corso della stessa intervista, infatti, asserisce: "Non c'è molto materiale di Paolo che parla in camera e quindi, in una certa misura, dovevamo inventare. Bisognava immaginare". In realtà la produzione aveva a disposizione l'intera famiglia di Paolo per chiedere come fosse l'uomo, come parlasse o come si muovesse. Ma d'altra parte Ridley Scott - da Il gladiatore a Le crociate - non è mai stato un regista attento a essere storicamente preciso e i suoi film, in genere, sono spesso pieni di piccoli ma evidenti errori.

Oltretutto non è solo la famiglia Gucci ad avere parole poco lusinghiere per il film. Lo stilista Tom Ford - che venne realmente chiamato da Maurizio Gucci per salvare il brand - ha commentato la pellicola di Ridley Scott. Come riporta Cosmopolitan, Tom Ford ha detto di essersi sentito "triste per giorni, dopo aver visto House of Gucci". Poi ha continuato dicendo: "È stata dura per me vedere l'umorismo e il camp (l'uso, cioè, del kitch nell'arte, ndr) in qualcosa che invece era così sanguinolento".

In un editoriale per Airmail, lo stilista si è lamentato della sua rappresentazione, ha messo in dubbio la veridicità di alcuni fatti messi in scena e ha concluso dicendo che gli sembrava di vedere "la soap opera Dynasty, per sottigliezza. Ho spesso riso a crepapelle, ma non dovevo forse farlo?"

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