I cronisti infuriati: «Questa pellicola distorce la verità»

Marta Valier

da Los Angeles

«È tutto merito del New York Times». Tom Hanks cerca di gettare acqua sul fuoco quando parla del film che lo vede protagonista nei panni del direttore del Washington Post e al centro in queste ore negli Stati Uniti di una polemica che vede i giornalisti del NY Times offesi per essere stati esclusi dalla narrazione di Spielberg. «Sono stati loro i primi, son loro che hanno vinto il Pulitzer», precisa Hanks.

Il film conduce gli spettatori nella redazione del Washington Post per raccontare come l'editrice del giornale Katharine Graham (cioè Meryl Streep) e il suo direttore Ben Bradlee (Hanks) decidono, a giugno del 1971, di pubblicare i documenti top secret, ma non cita i colleghi di New York. «Lo trovo incredibile», ha detto James Greenfield, ex giornalista del Times oggi 92enne. «I giovani avranno una visione distorta del giornalismo americano, penseranno che è stato il Washington Post a fare lo scoop». Il materiale in questione, migliaia di pagine, era stato inviato da Daniel Ellsberg, analista militare, a un giornalista del NY Times, Neil Sheehan. Dopo le necessarie verifiche («Come facciamo a sapere che i documenti non siano stati scritti da un gruppo di ragazzi radicali?» chiese il managing editor del Times, Abraham Rosenthal a Sheehan, come racconta Harrison Salisbury nel suo libro Without Fear or Favor) il Times ne decise la pubblicazione ma Nixon chiese di non pubblicare altro.

Solo a quel punto Ellsberg inviò una copia anche al Post, che decise di mandarlo in stampa. I due maggiori quotidiani degli Stati Uniti si uniscono così nella difesa del primo emendamento della Costituzione sulla libertà di stampa.

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