I fuoriclasse Baggio e Elio riaccendono lo show

Bar Refaeli è stata la meteora. Antony il più inquietante E nel silenzio delle tv concorrenti, la kermesse fa il botto

Fabio Fazio e Roberto Baggio sul palco del teatro Ariston
Fabio Fazio e Roberto Baggio sul palco del teatro Ariston

Grazie a San Remo stasera Sanremo finisce. Vincerà Malika Ayane (speriamo di no) o Marco Mengoni (idem) o Elio e le Storie tese (non succederà), ma nell'attesa, sebbene estenuati da questa interminabile cinque giorni, proviamo ad anticipare una piccola recensione della kermesse. Tra primattori, comparse e grandi assenti.

Fabio Fazio, traslocatore

Conduttore del carrozzone, già opzionato per la prossima edizione, come anticipo del suo sussurrato trasferimento ha trapiantato mezza Raitre sulla rete ammiraglia. Ma il rigetto era inevitabile, Crozza docet. La partner Littizzetto, i cantautorini di seconda generazione, da Silvestri a Cristicchi, Neri Marcorè ospite fisso (non Fiorello o Benigni). Insomma, tutto il campionario del veltronismo catodico. Per preparare il terreno al prossimo presidente della Rai? Chesanremochefa.

Bar Refaeli, ornamentale

Abolite veline e farfalle, qualcosa bisognava inventarsi. La spaziale modella israeliana è di casa dalle nostre parti, e dunque... Per giusitificare il robusto cachet Fazio le ha fatto fare di tutto, anche presentare il suo connazionale Asaf Avidan. Lei ha sfoggiato una modesta disinvoltura alla batteria e quattro abiti di Roberto Cavalli. Ma è rimasto nella memoria soprattutto quello nero tutto pizzi e trasparenze. Meteora.

Ariston, disadorno

Va bene la spending review e l'imperativo del risparmio, ma il palco senza un fiore appare piuttosto tristanzuolo. Se poi si aggiungono i laser, le luci sgargianti da luna park e la platea distante dai presentatori, le scenografie di Francesca Montinaro non hanno convinto. Rutilante.

Elio e le Storie tese, una nota vi seppellirà

Sono la genialata del 63° festival. Una presa in giro colossale di compositori, cantautori, industrie discografiche, talent, big della canzone. E dello stesso Festival. Che cosa c'è di più mononota di questo Sanremo perbenista e senza guizzi. «Se non sei in grado neanche di cantare la canzone mononota ti consigliamo di abbandonare il tuo sogno di cantante». Fuori classifica.

Sanremo Story, epico

Come già qualche anno fa per la sessantesima edizione, la serata dedicata alla storia del Festival risulta la più riuscita. Tutta musica e di qualità, come gli ospiti dell'occasione, la world music di Caetano Veloso, lo swing istrionico di Stefano Bollani. E poi fiato alla nostalgia degli anni ruggenti, da Piazza Grande a Perdere l'amore, dal Ragazzo della via Gluck a Almeno tu nell'universo. Benvenuta consolazione.

Roberto Baggio, Steve Jobs de noantri

Emozionato, in trasferta fuori casa. Ma rispettoso e con quella timidezza che l'ha sempre fatto amare dentro e fuori dal campo. Risposte brevi alle domande imbeccate di Fazio. Poi dietro il leggio per rivolgersi ai giovani. E all'Ariston è echeggiato il discorso di Stanford: «Abbracciate i vostri sogni». La classe non è acqua.

Antony and The Johnsons, complicato

Insieme con Asaf Avidan è stato l'ospite inatteso di questo Festival. Una voce, un corpo, una storia. Le etichette non identificano, la platea è stregata. Ma un senso d'inquietudine rimane: che cosa e chi abbiamo ascoltato? Nella serata del flash mob antiviolenza sulle donne Antony Hegarty ha detto: «Nel mio sogno l'uomo troverà una nuova umiltà, farà un passo indietro, dentro se stesso. Le donne invece forgeranno una nuova strada per la nostra specie». Autobiografico.

Altre tv, non pervenute

Le poche eccezioni si contano sulle dita di una mano. Sky, innanzitutto, che ne ha fatto una campagna: «Ogni anno», recitava il promo, «c'è una settimana in cui la televisione italiana si concentra su un unico canale. E gli altri si spengono. Clic. Noi invece...».

Poi le altre eccezioni su La7, Mentana con Bersaglio mobile, Gad Lerner con il suo Z - la commedia del potere, In Onda di Porro e Telese. Per il resto, un fuggi fuggi generale, da Floris a Santoro, da Zelig a Maria De Filippi, che ha trasformato l'audience in una prateria per l'exploit del Festivalone. Diserzione di massa.

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