I lavori alla Gnam Spendere molto ma cambiare poco

Sabrina Cottone L avori in corso. Il cartello che annuncia disagi alla Gnam, la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, avrebbe potuto essere una buona notizia, l'annuncio che finalmente, dopo anni d'attesa, riprendeva vita il cantiere per l'ampliamento del museo e che le troppe opere d'arte nei depositi erano pronte a scrollarsi la polvere. E invece no. L'importante intervento che sventrerà le sale d'ingresso, e che terrà chiusa durante l'anno del Giubileo la collezione dell'Ottocento, serve a rifare ciò che è appena stato completato e a cancellare due opere d'arte commissionate dal ministero dei Beni culturali praticamente l'altro ieri. Una costosissima tela di Penelope che ha come obiettivo mettere al posto d'onore bookstore e caffetteria, per altro già ben alloggiati e visitati altrove. L'ennesimo spreco in un momento in cui il patrimonio artistico ha più che mai bisogno di sostegno autentico? È più di un sospetto, se si pensa che l'intera operazione alla fine sarà costata alle casse dello Stato intorno ai tre milioni di euro. E ciascuno può immaginare come potrebbero essere meglio destinati a restaurare, ampliare, valorizzare, insomma a sostenere l'arte invece di mortificarla. Filo rosso di Paola Grossi Gondi, l'opera più recente, è stata richiesta nel 2013 e installata nel 2014. Risale a tre anni prima Passi di Alfredo Pirri, che in una ricerca dell'Osservatorio sui comportamenti dei visitatori del Museo, viene considerata uno degli elementi di attrazione: «Sono risultati punti di forza... l'entrata spettacolare con Passi», ovvero il pavimento a specchio creato da Pirri che riflette, frammentandola, la struttura neoclassica della sala e delle statue esposte a rotazione. Un'integrazione tra classico e contemporaneo voluta anche con Filo rosso, scultura tubolare che si arrampica e si snoda lungo cinquanta metri d'acciaio. Entrambe le opere, commissionate per questi spazi, non saranno collocate altrove ma andranno a condividere la sorte di statue, dipinti e installazioni che affollano gli scantinati, per non essere probabilmente mai più visti. Due mesi fa, i due artisti sono stati contattati da una casa di produzione statunitense, che ha chiesto i diritti delle opere per utilizzarle come scenografia per un film. Un segno di vitalità commerciale oltre che culturale, ma la pellicola americana rischia di rimanere l'unica esposizione al pubblico. Non solo. L'ingresso trionfale del merchandising con caffetteria e bookshop prevede che sia smantellata anche l'attuale sistemazione della collezione dell'Ottocento, realizzata anch'essa in questi ultimi anni, così le opere d'arte diventeranno invisibili per chissà quanto. L'allestimento di Passi e Filo rosso, insieme con la sistemazione della collezione dell'Ottocento, erano costati un milioni di euro. La stima per i nuovi interventi è di circa due milioni.

Non è indolore spostare le tubazioni in un salone neoclassico e la scelta è particolarmente incomprensibile, anche alla luce di obiettivi di puro marketing: film americani a parte, il Caffè delle Arti, caffetteria del museo, è già un luogo apprezzato e frequentato dai turisti e dai romani, che si accomodano lì per colazioni di lavoro. Mette tristezza che mentre le bellezze artistiche crollano, i pochi fondi disponibili vengano sprecati così.

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