«Io e la mia dolce tre quarti: insieme, facciamo sei Oscar», scherza Dante Ferretti, attribuendo alla moglie Francesca Lo Schiavo più della classica dolce metà. Production designer lui, set decorator lei, la potente coppia del mondo del cinema sale sul colle Palatino lungo la Via Sacra, per presentare Divo Nerone. Opera rock, il musical più infuocato della storia (da oggi fino al 10 settembre al Palatino). Anche perché sono state roventi, fin qui, le polemiche intorno alla necessità di portare in scena un'opera pop patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo a un passo dall'Arco di Costantino, nel cuore della Vigna Barberini e a ridosso di un sito archeologico di grande importanza. No al palco di mille metri quadrati, no alla tribuna da tremila posti, no all'uso del Foro Romano per uno spettacolo commerciale. Il mondo dell'arte e della cultura s'indigna e aborre i riti commerciali, pensati per i turisti. «Ma il musical in Italy s'ha da fare! Quando giro per Roma, io che romano non sono, mi commuovo. Mi vengono in mente le canzoni anni Trenta e Quaranta e Cinquanta come Roma, nun fa la stupida stasera... Sono innamorato di questa città», dice Dante, che indossa calzini rosso fuoco, forse per ricordare le fiamme appiccate dal bizzarro imperatore romano all'Urbe infetta e degradata. «Bisognerebbe darle fuoco un'altra volta. Ogni tanto, un po' di fuoco ci vorrebbe, per bruciare l'immondizia. Forse, qui sul palco si poteva bruciare qualcosa... Speriamo che la Raggi venga e si renda conto di persona», considera Ferretti.
Il musical kolossal, firmato da Franco Migliacci, Dante Ferretti, Gabriella Pescucci, Francesca Lo Schiavo e Luis Bacalov (gli ultimi quattro, premiati con l'Oscar), regia di Gino Landi, parte dall'incendio scoppiato a Roma nel 64 d.C., nella notte tra il 18 e il 19 luglio e che distrusse una città in declino. A raccontare quattordici anni della vita di Nerone, dal 53 d.C. al 68, anno della morte di lui, tra amori, intrighi e colpi di scena, in mezzo a luci e ombre di uno dei più discussi personaggi della storia, 26 ballerini e 12 cantanti-attori, selezionati tra 2000 aspiranti. «Per me, romana, è un'opportunità eccezionale. Ho lavorato in chiave ironica, perché Nerone è un musical e, nelle sue vicissitudini, ho voluto infondere un senso di leggerezza. E poi, il finale è bello, perché molto spirituale», spiega Francesca, che ha curato arredi e decorazioni. Abbondano il color porpora, le aquile d'oro sugli stendardi della XIV Legio e gli impalpabili pepli della perfida Agrippina, la madre di Nerone dominata dalla volontà di potenza. Come rendere, visivamente, tale abbagliante narrazione? «Ho sviluppato scene che ruotano su se stesse. Non abbiamo potuto lavorare come a teatro, servendoci di griglie per muovere le scene. Così, ho montato ogni scena come in sala di montaggio: ruotano e si sovrappongono», racconta Ferretti. «Io ho esasperato i colori e esagerato i volumi. Per l'idea di Roma, infatti, non bisogna essere discreti o sottotono. Si tratta, comunque, di un musical ironico», fa eco Francesca, che confessa d'aver sistemato i 6 Oscar di famiglia, 3 lei e 3 lui, su una semplice mensola dell'Ikea, che da un momento all'altro potrebbe crollare sotto il peso delle statuette.
In vent'anni di carriera questa coppia da Oscar ha lavorato con mostri sacri come Martin Scorsese e Federico Fellini, Tim Burton e Terry Gilliam, ma lo spiantato cinema italiano non se la
può permettere. «Di solito ho un budget tra i 12 e i 14 milioni di dollari. Mi piace ricreare tutto. Non concepisco l'idea di affittare ambienti pronti, a cui aggiungono un mazzo di fiori preso al cimitero», rivela Dante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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