I eri la nostalgia si è impossessata dell'Italia. Nostalgia di Inge Feltrinelli, l'editrice morta giovedì scorso a 87 anni. Nostalgia dei formidabili anni Sessanta e Settanta dei quali l'editrice è stata protagonista. Si spiegano così i servizi torrenziali in quasi tutti i Tg. Forse solo la dipartita di Giovanni Paolo II ha ottenuto una attenzione superiore (ma di poco). Sui giornali, pagine e pagine. Sfibranti coccodrilli di firme prestigiose che hanno intinto la penna nella melassa dei luoghi comuni. Inge era «la regina dell'editoria». La frase fatta è piaciuta così tanto da essere ripetuta in tutti i titoli dei telegiornali e dei quotidiani.
Per un giorno, i reduci del Sessantotto e dintorni si sono abbandonati senza ritegno alla celebrazione della propria giovinezza spacciata per l'epoca d'oro dell'Italia. Abbiamo così appreso quale fantastico momento siano stati gli anni Sessanta e Settanta. La ex meglio gioventù ha pianto Inge Feltrinelli ma ha anche approfittato della circostanza per tirare fuori dall'armadio il basco e l'eskimo. Ah, che rimpianto per i pomeriggi trascorsi sognando di combattere accanto a Ernesto Che Guevara in Bolivia e leggendo i manuali di guerriglia pubblicati da Feltrinelli. Ah, la personalità esuberante di Fidel Castro che gioca col pallone con Giangiacomo Feltrinelli mentre Cuba diventa un lager a cielo aperto. Ah, che bello vagare in bicicletta, senza pensieri, nella Pechino non ancora turistica dell'assassino Mao Tse Tung. Ah, che rammarico l'antifascismo duro e puro dei comunisti, noti paladini della libertà. E soprattutto che fascino i salotti della borghesia illuminata che abbracciava le cause rivoluzionarie, ponendo le basi per la propria estinzione. Proprio in quei salotti nacque Giovanni Leone: la carriera di un presidente di Camilla Cederna. Fu il grande bestseller della Feltrinelli di Inge nel 1978. L'inchiesta sul presidente della Repubblica era esplosiva. Leone fu costretto a dimettersi. Era pura diffamazione, come accertarono i magistrati in tutti i gradi di giudizio, ma perché ricordarlo? Il terrorismo rosso, le sprangate, i gambizzati, le esecuzioni, le bombe: per un giorno tutto dimenticato. Chi è nato all'inizio degli anni Settanta ha il cadavere di Aldo Moro, trucidato dalle Brigate Rosse, tra i primi ricordi del mondo oltre la porta di casa. Ma perché rovinare una bella storia con la verità?
Insomma, è stata una celebrazione conformista di un periodo che appare dominato dal conformismo. Anche la teoria delirante della superiorità antropologica della sinistra affonda le radici in questa melma che ha trascinato giù il Paese.
Quegli anni ci lasciano in eredità una cultura italiana ridotta all'irrilevanza per assenza di dibattito; l'istruzione mediocre, dalle elementari alle università; un'editoria poco interessata al pluralismo delle opinioni; e uno stuolo di rivoluzionari in pantofole, che spesso lavorano per lo Stato. Ma non volevano abbatterlo? No, volevano occuparlo. Per sempre.
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