«Io, cialtrone romano metto nei guai la famiglia Cesaroni»

Sapere d'essere speciale. Ma comportarsi come se non lo si sapesse. Dovrebbero fare così, i romani; i discendenti, cioè, della civiltà che è stata un faro per il mondo; «e che oggi rischia di degradare in un'inciviltà cupa, triste, volgare, senza futuro». Il romano Enrico Brignano sa d'essere speciale. Ma si comporta come se non lo sapesse. «Noi romani siamo consapevoli che in un solo metro quadrato della nostra città è concentrata più cultura e più gloria che qualsiasi altro posto sulla terra - considera, gongolando -. Ma lo sappiamo fin troppo. E quelli che più se ne vantano sono, di solito, i più cialtroni». Come il cialtronissimo romano che il popolare attore e comico interpreterà - in un'apparizione da special guest - nella puntata speciale de I Cesaroni, stasera su Canale 5. E che spera di bissare il successo dell'episodio trasmesso venerdì, spiritosamente ambientato nell'antica Roma.
«Stasera sarò Flavio, il cugino di Claudio Amendola e Antonello Fassari, emigrato anni prima a Milano, e al quale i due - ritenendolo un genio della finanza - si rivolgono per tentare un grosso investimento. Prima di scoprire che Flavio non è un consulente finanziario; ma semplicemente l'autista del consulente stesso».
Come a dire: l'eterno dualismo Roma-Milano colpisce ancora.
«In un certo senso sì. Quest'invidia reciproca fra le due città, speculare al reciproco complesso d'inferiorità, è infatti alla base dell'equivoco che è al centro dell'episodio».
Senza contare il senso d'identità, molto forte in entrambe.
«Io sono un attore fierissimo d'essere romano. Quand'ero ragazzino m'ispiravo agli attori-icona della nostra identità: Fabrizi, la Magnani, Sordi, Manfredi, Panelli... E Gabriella Ferri, che cantava come se recitasse».
Per non dire dell'attore-simbolo che è stato anche il suo maestro...
«Gigi Proietti, certo. Nel suo laboratorio sono cresciuto come attore (insieme a molti altri: Tirabassi, Insinna, Laganà, Cirilli, Chiara Noschese, Giampiero Ingrassia) ma anche come uomo. Un giorno Gigi mi scrisse una dedica che ha cambiato il mio modo d'intendere questo mestiere: "Scegli sempre la strada più difficile". È quel che ho cercato di fare».
In che modo?
«Non accontentandomi delle scelte facili; faticando per le difficili. Un panorama è più bello visto dall'alto, anche perché devi arrampicarti per arrivarci. E quindi: no alla comicità più ovvia, agli effetti banali, alle gag corrive; rifiuto delle parolacce, della volgarità. Infine provare una battuta, provarla, riprovarla. Far ridere è come scrivere una bella lettera. Prima devi fare parecchie brutte copie».
Cosa c'è alla base della sua comicità?
«Quel che è alla base di tutte. Il disagio. Napoli insegna: dai Borboni alla Camorra i napoletani hanno dovuto sopportare e sopportare problemi d'ogni tipo. E sanno far ridere come nessun altro».
Cosa ha imparato dai comici del passato?
«Il senso di appartenenza. Ciascuno di loro era radicato nella cultura delle proprie origini. Era questa a renderli singolari ma, al tempo stesso (paradossalmente) universali. Govi era genovese, ma ugualmente comprensibile a tutti. Petrolini era romano; ma c'era forse qualcuno che non lo capisse ed amasse?».
A chi deve dire grazie Enrico Brignano?
«Ai miei genitori. Pur essendo umilissimi non hanno mai ragionato come ragionano molti sul futuro dei figli, compresa la mamma di Totò Riina: "L'importante è che porti a casa la pagnotta". No: per loro l'importante è che facessi quel che sentivo di saper fare. Mi hanno sostenuto e incoraggiato, senza mai ostacolarmi».
E a proposito di radici: non è un caso che il suo ultimo spettacolo teatrale sia dedicato proprio a suo padre.
«Tutto suo padre è nato quando, sfogliando alcune foto di papà, poco dopo la sua morte, mi sono accorto che da piccoli eravamo identici. Sono cose che si scoprono quando le persone non ci sono più. Ne è nata l'evocazione ironica e affettuosa di un mondo familiare, che s'è rivelato un'autentica miniera di emozioni e di risate».


E il cinema?
«Accanto ad Ambra Angiolini girerò Sfortuna che ci sei, remake di una commedia francese diretto da Alessio Federici, in cui sarò un consulente matrimoniale che fa innamorare di sé la moglie in crisi che gli si rivolge per aiuto. Un altro cialtrone? No: un altro romano».

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