"Io fui lanciata da Baudo e adesso finanzio i cantanti di talento"

Il mezzosoprano Cecilia Bartoli racconta il suo debutto a «Fantastico» che le fece fare il grande salto

"Io fui lanciata da Baudo e adesso finanzio i cantanti di talento"

Fra i colleghi in attività, Cecilia Bartoli (1966) è l'italiana più nota nel mondo della lirica. Un marchio riconosciuto universalmente. E questo, a dispetto del registro vocale: il mezzosoprano non ha l'appeal del soprano o del tenore. Eppure è artista da 12 milioni di dischi. L'etichetta Decca affitta regge (di Caserta e di Versailles) e palazzi per lanciare i suoi dischi, e a trent'anni dal debutto nella scuderia le dedica un cofanetto di 15 cd e 6 dvd con tutto il Rossini fatto fino ad ora. Persino il Vaticano, nel novembre scorso, le ha spalancato le porte della Cappella Sistina: detiene così il primato di unica donna ad aver cantato fra le mirabolanti scene del Giudizio Universale. E' direttrice di successo del Festival di Pentecoste di Salisburgo dove in questi giorni è impegnata nell'Italiana in Algeri. Confeziona progetti fuori dagli schemi: Norma in stile Magnani, un racconto di spionaggio in musica dedicato allo sconosciutissimo Steffani, concerti con bus al seguito per esibire gli oggetti della diva d'Ottocento Maria Malibran.

Donna dalle mille risorse, ora esordisce nei panni di mentore. Con la sua Fondazione produrrà una collezione di cd distribuiti da Decca dedicati ai talenti da lei scoperti. Si parte con l'album in omaggio al tenore messicano Javier Camarena, dal titolo Contrabandista.

Così, Cecilia Bartoli diventa mentore...

«Sono entrata in Decca a 21 anni, quindi voglio aiutare gli artisti giovani e bravi che però non hanno avuto la mia stessa fortuna».

E parte con Camarena.

«Perché ha una voce fantastica, ed è stupefacente che non abbia mai fatto un cd. Se lo merita».

Dopo questo tenore?

«Ho già in testa altri nomi che però non svelo perché ora voglio tutte le luci su di lui».

Lei come arrivò a un contratto?

«Grazie al produttore Christopher Raeburn che mi aveva ascoltato a un'audizione al teatro di Vienna. Cercava una giovane Rosina per il Barbiere con Leo Nucci nel ruolo di Figaro. Mi trovai nel posto giusto al momento giusto».

Un passo indietro. Cosa la portò a Vienna, a quel «posto giusto» già a 21 anni?

«Lo spettacolo Fantastico di Pippo Baudo. La Rai era venuta nel Conservatorio di Roma, per dei provini perché Baudo voleva presentare dei giovani alla sua trasmissione, una sorta di talent show. Venni selezionata. Conosciamo il potere della tv, tutti ti vedono e ascoltano. Fu così che iniziai a fare audizioni in giro per i teatri d'Europa, da Parigi a Vienna, e pure alla Scala dove incontrai Riccardo Muti».

Deve molto, quindi, a Raeburn, una sorta di mentore.

«Lui mi scoprì e mi fece fare i primi passi. Si rivelò una guida importante nella scelta del repertorio».

In 30 anni è cambiato totalmente il mondo della discografia...

«E non si sa bene quale sarà lo sbocco. Ora si ascolta molto in streaming. Purtroppo si è diffusa l'idea che la musica sia gratis. Il pane non è gratis, perché deve esserlo la musica? Il sistema di incidere è identico a quello di 30 anni fa. I costi permangono altissimi, quindi non si possono giustificare con un consumo a costo zero».

Costi altissimi e con un ritorno economico non sempre adeguato, è quindi un azzardo per un'etichetta investire sul giovane artista.

«Ragione per cui ho pensato a questa collana. Ho in testa il caso Jonas Kaufmann (il top dei tenori). Cantammo insieme 20 anni fa nella Nina pazza per amore, a Zurigo. Uno come lui fece il primo album a 38 anni, incredibile».

Lei bruciò le tappe. Subito un contratto discografico, teatri che contano... Quanto era consapevole dell'eccezionalità di quella carriera?

«Ero totalmente incosciente. A vent'anni non hai la consapevolezza. Facevo musica con grande gioia ed energia. Poi iniziai a realizzare che bisognava studiare per migliorarsi, che bisognava rafforzare la tecnica. Arrivò in soccorso la coscienza di voler migliorare».

Il 28 ottobre sarà lei ad inaugura il teatro di Rimini, dopo una chiusura (alla lirica) di 75 anni. Rinascite in una fase di stasi come la nostra sono eventi.

«Che celebro volentieri. Quando mi invitarono, risposi subito di sì. Anche perché sono mezza riminese, ora papà non c'è più ma era nato lì, e la conoscevano bene».

Poi sarà a Napoli.

«Per la festa della donna. Olé. Tra l'altro è un mio debutto al San Carlo. Poi non dimentichiamoci che dall'autunno del 2019 sarò alla Scala con Haendel. Ci tengo molto...»

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