J Ax, Fedez, Dogo, Emis Killa Il concerto che incorona il rap

In un'Arena di Verona tutta esaurita l'Orchestra Filarmonica ha accompagnato i divi hip hop. Consacrando un genere musicale

J Ax, Fedez, Dogo, Emis Killa Il concerto che incorona il rap

Bastava Twitter, l'altra sera, per far capire quanto peserà il concerto all'Arena di Verona che ha consacrato il rap italiano: quattro mostri sacri, due di lungo corso (J Ax e Club Dogo) e due che lo diventeranno presto (Fedez ed Emis Killa). Il tutto alla corte dei trenta elementi dell'Orchestra Filarmonica Italiana diretta da Daniele Parziani. Sold out, ovvio. E se fossero state due serate, molto probabilmente sarebbero state due sold out, tutto esaurito per capirci. Un evento voluto da Hip Hop Tv (che si vede su Sky canale 720) con la direzione artistica di Max Brigante, che è stato anche il «presentatore sul palco», e prodotto dal sempre più autorevole Massimo Levantini per Live Nation. Al di là degli incassi, è stato un evento da non sottovalutare se non altro per il significato simbolico: forse per la prima volta al mondo, le rime del rap hanno «preso possesso» di un monumento così antico. Qui, all'Arena di Verona che ha quasi duemila anni di vita e dove Gioachino Rossini nel 1822 diresse La Santa Alleanza, l'altra sera è andato in scena il più imprevedibile dei matrimoni: quello tra l'hip hop e un'orchestra. Un incontro al vertice. Un incontro imprevedibile anni fa. Ma tutti i grandi fenomeni musicali sono sempre il frutto di una evoluzione.

Il rap è stato sdoganato in Italia negli anni Novanta in modi e tempi diversi grazie anche a Jovanotti, a Frankie Hi Nrg e a La Pina. Poi, lentamente, è stato adottato da un pubblico sempre maggiore per merito di autentici fenomeni (anche di vendita) come Articolo 31, Fabri Fibra o Marracash. Persino i cantautori storici, come De Gregori o Guccini, hanno ammesso che l'hip hop è la nuova forma di cantautorato, quella più vicina al codice delle nuove generazioni. E ora è opinion leader non solo in classifica. Insomma, l'altra sera raffiche di tweet (qualcuno letto in tutto il mondo, come quello di Laura Pausini) ed entusiasmo sparso via hashtag dall'Arena di Verona. «E' stata una bomba - ha detto Emis Killa che, oltretutto con Maracanà ha il tormentone del momento - l'atmosfera era pazzesca e quando siamo entrati in scena il pubblico si è alzato proprio come se fossimo noi i direttori d'orchestra». Confronto azzardato ma rende l'idea. «È stata una giusta rivincita dopo tutti questi anni di lavoro», ha spiegato Gué Pequeno dei Club Dogo che il 9 settembre pubblicheranno il nuovo album non a caso intitolato Non siamo più quelli di Mi Fist. Evoluzione, parola spesso dimenticata nella musica italiana. «La vera forza della parola è quella di poter essere allo stesso tempo contenuto e forma. Forse il rap è la forma d'arte che, più di ogni altra, riesce a dare letteralmente vita alle parole che diventano così fine e mezzo del messaggio.

E l'Orchestra Filarmonica è riuscita a rendere “alto” un genere che viene dal basso». E che ha un imprevedibile margine di crescita. J Ax, uno che la sa lunga, ha ammesso che quando è entrato all'Arena di Verona «tutto era cambiato rispetto a quando ci venivo ai tempi del Festivalbar: erano spariti tutti, i discografici e i tecnici, forse ero io l'ultimo sopravvissuto».

E poi, visto che non ha mezze misure, ha semplificato con poche frasi un concetto fondamentale: «Quando sono entrato a The Voice ho capito che la tv utilizza una sintassi sempre più distante dal linguaggio normale. Io ho parlato la mia lingua e sono stato capito perché noi parliamo la lingua di tutti, quella dei ventenni ma anche di chi è più in là con gli anni». Più chiaro di così.

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