L'arte si fa fisica con i misteri dei «Black Hole»

Francesca Amé

da Bergamo

Nulla è più intrigante della materia per uno scienziato e per un artista. La prova è una mostra che indaga sull'essenza della materia e sul desiderio (sovente inappagato) di penetrarla e comprenderla. Black hole. Arte e matericità tra informe e invisibile, fino al 6 gennaio alla GaMEc di Bergamo, è la prima tappa di una trilogia espositiva ideata da Lorenzo Giusti, con l'aiuto di Sara Fumagalli: che cosa ha da dire la storia dell'arte recente sulle nuove scoperte scientifiche? Black Hole, come i buchi neri «affamati» di sostanza, contiene già parecchie risposte. Complice la consulenza scientifica del fisico Diederik Sybolt Wiersma e un allestimento rigoroso, regala un viaggio seducente da Rodin all'arte nucleare, da Giacometti ad Anish Kapoor. Si parte dalla materia informe dei grandi maestri dell'Informale: il secondo dopoguerra distrugge le illusioni, la rappresentazione del mondo è indeterminata, rarefatta. Sulla tela finiscono materiali di ogni genere (vinavil, pietre, sacchi, tagli). In una stanza buia compaiono i Concetti spaziali di Lucio Fontana, un raro cretto nero di Alberto Burri che vale, da solo, il biglietto, e un Achrome di Piero Manzoni (persino lui, l'irriverente Manzoni, «va in bianco», e tace). Proseguiamo tra gli impasti a vortice di Jean Fautrier, le trame di Antoni Tàpies, i lavori del giovane Christo, il magma di Carol Rama e le ipnotiche alchimie di Anselm Kiefer che incastona una felce, pianta primordiale, in una lastra di piombo fuso.

Si prosegue con gli artisti che indagano il rapporto tra corpo e materia: la magnifica scultura di Auguste Rodin, le geniali intuizioni di Medardo Rosso dalle forme sfuggenti. Entrambi tardo-ottocenteschi, entrambi pionieri: arriveranno poi gli omini di Alberto Giacometti e le dame di Jean Dubuffet, papà dell'Art Brut. La sorpresa: le figure monolitiche dello svizzero Hans Josephsohn, per la prima volta esposto in Italia. La chicca: le Visitazioni della libano-americana Simone Fattal, cosmogonie post-moderne di notevole impatto. Il percorso approda all'infinitamente piccolo. Dalle Texturologie di Dubuffet, ingrandimenti esponenziali di superfici, alle galassie del Movimento Arte Nucleare (Enrico Baj, Sergio Dangelo, Joe Colombo): negli anni Cinquanta arte e fisica si prendono per mano. Oggi la scienza si spinge oltre e studia i neutrini, l'arte fa lo stesso: i fotogrammi di Thomas Ruff, i punti-luce di Tancredi Parmeggiani, gli studi di Jol Thomson. L'ultima opera è The Earth di Anish Kapoor, un punto nero su fondo bianco (avvicinatevi: è blu, quasi tridimensionale): la Terra è diventata un Black Hole, l'artista cerca il nero più nero che c'è per rappresentare la fisica dei quanti.

Vi riuscirà mai? Kapoor ha di recente acquistato i diritti del Vantablack, un colore derivato di nanotubi di carbonio «così nero che quasi non si vede»: un colore materico per trascendere la materia. Il cerchio, per ora, si chiude con un paradosso.

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