nostro inviato a Venezia
Solo cose belle. Brad Pitt circola da un paio di giorni con una coppola in testa, performance eccezionale, considerata la temperatura (40 gradi). Scarlett Johansson ha spento subito eventuali pensieri maliziosi con una castigata polo a righe orizzontali. Sul red carpet per fortuna è un'altra storia.
Solo cose belle. Pedro Almodóvar si becca il Leone d'oro alla carriera, tre standing ovation e venti minuti di applausi. Ringrazia commosso. Il simbolo della trasgressiva «movida» anni Ottanta, dopo un paio di Oscar, è diventato il simbolo della normalità festivaliera, inclusa la festa organizzata da una famosa stilista. La Laudatio è affidata a Lucrecia Martel, presidente della giuria e si conclude con un accorato appello contro «l'estrema destra» seguito da una frase a effetto: «I nostri bikini si bagnano in un mare pieno di morti». C'era proprio bisogno di queste parole, la democrazia si sente già meglio, i migranti anche, la «estrema destra» (cioè tutto ciò che non è di sinistra) sarà battuta, adesso ne siamo sicuri. Un minuto dopo Almodóvar dice di non avere la pretesa di cambiare il mondo ma di raccontare il suo. Novanta minuti di applausi.
Solo cose belle. Commenti di alcuni critici raccolti in sala dopo la visione del film d'inaugurazione La vérité di Kore'eda Hirokazu: «Noioso», «Due ore della Deneuve non si reggono», «Versione edulcorata di un altro film dello stesso regista». Il giorno dopo, sui quotidiani e sui siti: capolavoro di finezza, strepitosa la Deneuve. Ci hanno ripensato o non dicono la vérité ai lettori?
Solo cose belle. L'Hotel Excelsior, dove si festeggia sulla spiaggia, è preso d'assalto da cacciatori di fotografie. L'ingresso viene transennato. «Ti fai un selfie con me?». «Ma io sono un giornalista». «Ah, allora niente, scusa». All'ingresso ti accolgono con bottiglie ghiacciate di champagne munite di imbuto per bere a collo. Finezza o cafonata? Sulla spiaggia le tavolate sono disposte in ordine gerarchico. Quelli importanti a sinistra. Gli altri a destra. Dopo una certa ora regna l'uguaglianza e tutti vanno dappertutto ma in particolare all'angolo cocktail della Campari. Molti notano l'assenza della musica. Niente danze. Peccato, Emir Kusturica era già pronto a scendere in pista. Molti notano che più di un vip si è dileguato in un battibaleno. I maligni dicono che sono andati a mangiare da Cipriani (Harry's Bar) dove è passato anche Brad Pitt. L'attore ha ordinato tre primi: cannelloni, ravioli e tagliolini gratinati al forno. Occhio alla linea, Brad.
Solo cose belle. Catherine Deneuve ha un vestito che la rende identica al Re Vega di Goldrake, simpatica. Pedro Almodóvar è il sosia di Lello Arena, qualcuno lo avverta. Antonio Monda dice di avere in serbo una grande festa del cinema di Roma. Replica immediata: «Qua dicono che Lei sarà il successore di Alberto Barbera». Monda nega. Però sfodera un sorrisone. A proposito di Barbera, pare sia ancora arrabbiato con la Martel, che diserterà gli eventi legati al film di Roman Polanski, condannato nel 1977 per aver abusato di una minorenne. Proprio al primo giorno doveva dirlo? Non poteva parlare alla fine della Mostra? Paolo Baratta, presidente della Biennale, è un abilissimo anfitrione. Generoso nello stringere mani e dire due parole a tutti, riesce a liquidarti con squisita gentilezza. Il ministro della Cultura Alberto Bonisoli è circondato di belle ragazze ma passano in secondo piano quando arriva Jo Squillo. La cantante e l'atleta paralimpica Giusy Versace hanno conquistato tutti sul red carpet dove hanno sfilato assieme. La prima con i tacchi a spillo. La seconda con le protesi al titanio. Entrambe magnifiche.
Analisi finale di un esperto di cinema e politica. «Ma non c'è la crisi di governo?». «Sì ma Bonisoli resta». «Non doveva esserci anche Tria?». «Sì ma Tria se ne va». «Scusa, che c'entra con la Mostra se vanno o restano?». «Boh».
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