L'esoterista Meyrink contro i dilettanti del sovrasensibile

L'esoterista Meyrink contro i dilettanti del sovrasensibile

Fra le tante lacerazioni in quella strana bestia chiamata opinione pubblica pare significativa, centrale, quella fra neo-illuministi e credenti nel sovrasensibile. Forse è quesito centrale dell'epoca postmoderna, conseguenza della crisi del dogma scientifico, dopo di quello religioso, e deraglia nella chiacchiera da web fra piccoli Dawkins in crescita contro pretesi esperti di scie chimiche, medicina alternativa e qualche sistema di meditazione orientale che forse li sta solo innervosendo.

Dunque da una parte fanatici del misurabile, dell'esperienza garantita dai cinque sensi e dall'altra creduloni mossi da entusiasmi non sempre salutari per occultismi mal digeriti in qualche palestra di periferia o per catechismi di epoche ormai tramontate nella coscienza umana. È bene però ricordare che vi sono tracce di una terza via fra l'orda montante e confusa della new age e le solidità scientiste. Non mancano autori che hanno studiato e raccontato il sovrasensibile con approccio scientifico, devozione e spregiudicatezza nei confronti della realtà e della sua profondità. René Guénon e Julius Evola fecero un gran lavoro di critica del neo-spiritualismo novecentesco, affiancando al lato distruttivo della loro opera la consapevolezza dell'esistenza di un universo ben più profondo di quello preteso dagli illuministi. Consapevolezza millenaria, ancestrale, testimoniata dalle religioni, dai rituali iniziatici, da miti, leggende e simboli. E testimoniata anche da grande letteratura, come quella di Gustav Meyrink (1868-1931), autore di classici del fantastico (Il Golem, L'Angelo della finestra d'Occidente, Il domenicano bianco, per citare i più noti), che sul mondo occulto aveva parecchio da dire e da scrivere, non solo come semplice narratore.

È infatti il Meyrink saggista, esploratore dello spirito e, appunto, critico del falso spiritualismo, come il suo storico traduttore ed estimatore Evola, quello antologizzato in Alle frontiere dell'occulto. Scritti esoterici (1907 -1952), pubblicato dalle Edizioni Arktos (pagg. 351, euro 26) a cura di Gianfranco de Turris e Andrea Scarabelli. Il volume fonde due vecchie edizioni italiane ormai introvabili: Il libro dell'Aldilà, tradotto da Evola nel '59, e Il diagramma magico curato nell'83 da Piero Cammerinesi. A impreziosire questa completa antologia critica della saggistica meyrinkiana, nove riproduzioni del pittore Danilo Capua, del tutto in linea con l'immaginario dello scrittore praghese e ben attrezzato per rappresentare altri livelli di realtà.

Meyrink testimonia in ogni saggio la possibilità di accedere al sovrasensibile, ma mette in guardia per evitare le false vie, le illusioni prodotte dai nostri ego o guru, le allucinazioni di chi, non adeguatamente preparato, si dà allo yoga tantrico o, peggio, invoca spiriti dei morti o inganna il prossimo fingendo di invocarli. Oggi quelle pagine di Meyrink sembrano ancora più urgenti e attuali, segni della terza via fra tante chiacchiere.

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