Paolo Scotti
Opera d'amore? No: di morte. «E proprio l'impossibilità dell'amore, che si compie nel desiderio di un annullamento definitivo dice Daniele Gatti - è la vera natura del Tristano e Isotta». Sarà questa la chiave di lettura del nuovo allestimento del titolo wagneriano che dopo dieci anni d'assenza torna al teatro dell'Opera di Roma, e per la prima volta in Italia verrà diretto domani da Gatti per inaugurare la stagione. «Alla base di quest'opera titanica c'è lo sehnsucht: un termine intraducibile che sta per desiderio di qualcosa che si attende ma non si realizzerà spiega Gatti -; è l'attesa spasmodica di Isotta, che quando Tristano arriva neppure l'abbraccia; è l'attesa di Tristano che, pur ferito, canta per più di un'ora prima che arrivi la morte». Questa impostazione disinnesca un altro requisito tradizionale del capolavoro wagneriano: «Tutti trovano questa musica sensuale. A me non sembra affatto. A me suscita, semmai, parecchia inquietudine; proprio perché descrive personaggi continuamente irrisolti». Sarà un'edizione in qualche modo anche italiana; e non per la provenienza dei protagonisti l'inglese Rachel Nicholls (che ha salvato l'edizione francese, sostituendo all'ultimo momento una collega) e l'austriaco Andreas Schager - «ma per lo stile del canto, che più che stentoreo o declamato alla tedesca, somiglierà al nostro lirismo espressivo».
La regia di Pierre Audi punterà, infine, ad evidenziare i conflitti interiori dei personaggi, «in un'opera in cui l'azione è quasi nulla e in primo piano è la psicologia», all'interno di un allestimento scenico essenziale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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