L'ultima notte di "Cocco" che al giradischi suonava come un artista

Il re dei dj è morto a 58 anni. Antidivo e attento ai giovani, aveva reso celebre il "suo" Goa

L'ultima notte di "Cocco" che al giradischi suonava come un artista

Se n'è andato nella notte, alle 4,30 circa, l'orario in cui di solito lasciava la consolle. Quella del club Goa di Roma o di altri in giro per il mondo. Maestro per tanti disc jockey, «Cocco», 59 anni da compiere, è stato soprattutto un uomo attento alla sicurezza, in discoteca. Divertimento, certo. Svago e musica che, da produttore, ha contribuito a cambiare, rinnovando negli anni i colori della house e abbassando i bpm. Meno velocità e più cura dei suoni. Ma soprattutto: premura per i giovani.

Claudio Coccoluto è stato uno dei dj ad aver contribuito anche a riscrivere i giudizi sul popolo della notte, sussurrando all'orecchio dell'allora ministro dell'Interno Enzo Bianco; suggerendo (e in certi casi ottenendo) che nei club si distribuissero preservativi gratis, quando l'Hiv mieteva ancora molte vittime. Era il marzo 2000 quando, con Pierluigi Diaco, invitò Bianco al Goa. Il ministro nella tana del lupo, dopo che alla Camera aveva annunciato la chiusura delle discoteche: anticipata alle tre di notte. Si confrontarono, ne venne fuori una campagna di prevenzione per le stragi del sabato sera tra «buonsenso» e «dolcezza».

Funzionò. Fors'anche perché la fama di artigiano del mixer non gli ha mai dato l'aspetto snob di colleghi pure meno illustri di lui. Se riteneva di doversi schierare, c'era sempre: con i Radicali italiani, di cui è stato compagno di battaglie fino a sostenere la Rosa nel pugno di Marco Pannella ed Emma Bonino con un mini tour. O contro i giornalisti, talvolta accusati d'essere obsoleti e in malafede: anche recentemente, per la debole copertura dell'emergenza che stava vivendo il «clubbing» causa Covid. Un anti-divo. Fino all'ultimo, ha lottato affinché il mondo della notte e della musica in generale fosse riconosciuto settore «essenziale», con l'hashtag #riaccendiamotutto. Col trolley pieno di vinili e «macchine» sempre al passo coi tempi.

Dal negozio di elettrodomestici del padre sulle note di Raffaella Carrà alle apparizioni in tutto il globo, Coccoluto era diventato pure sinonimo di avanguardia, sperimentazione. Affascinato dai riflessi latini del funky e del jazzy ha creato (e imposto nel mondo) pezzi di Made in Italy. Eppure, in rete, discuteva senza distanziamento da star sui suoi amati sintetizzatori, su nuove possibilità, e non evitava i gruppi di appassionati, anche su Facebook: Synth Cafè tra i tanti. Dai social al passaparola, ieri i tributi si sono susseguiti, per uno dei Re del suono elettronico del Belpaese.

«Cocco». Dj, musicista, bella persona. Tra i saluti on line, il dj Linus scrive: «In ogni mestiere ci sono quelli bravi, quelli molto bravi e i fuoriclasse. Claudio era di questi». Il direttore di La7 Andrea Salerno chiede che gli venga reso giusto omaggio al Festival di Sanremo (nel 2003 fu il primo deejay chiamato nella giuria di qualità, ruolo che ricoprirà altre volte).

Era malato da più di un anno ma ha continuato a regalare dirette viniliche ai suoi fan in pandemia. Mai egoista, divulgatore per certi versi: nei suoi live erano quasi d'obbligo i cellulari al cielo con Shazam attivato per capire che traccia stesse «suonando». Sua o di qualcun altro, poco importa. Era parte di un viaggio musical-culturale che in decenni di attività lo ha portato a firmare progetti anche con altri artisti. Dal brano con i Subsonica, Il mio dj, alle collaborazioni con Jovanotti. Fino a proiettare il Goa tra le discoteche top del mondo e scrivere un libro, Io, Dj, pubblicato da Einaudi nel 2007.

Al giradischi s'era appassionato nella sua Gaeta, da ragazzino: strumento mai mollato in un mondo sempre più digitale. L'ha usato come prolungamento delle mani, «come la chitarra elettrica per il rock - diceva - permette di esprimere carattere e la propria tipicità». E ha avuto ragione. Così ha fatto del mestiere del dj un'arte senza compromessi.

Neppure quando esplose il suo singolo di maggior successo, quel Belo Horizonti che nel '97 gli consegnò un riscontro commerciale internazionale partendo da un classico di Airto Moreira, si piegò alle logiche più becere del mercato; dando magari alle stampe un follow up che sarebbe durato poche settimane. No, «Cocco» ha sempre guardato avanti. Alla ricerca di un suono personale, puntando al contempo a scovare nuovi talenti. Tra un programma radiofonico e un volo per Londra o New York.

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