"L'ultimo duello" di Scott è per l'onore di una donna

Cast stellare per il regista che racconta una vicenda di stupro nel Medioevo: "Vorrei vivere in quell'epoca"

"L'ultimo duello" di Scott è per l'onore di una donna

Venezia. Curiosamente il primo film di Ridley Scott del 1977 s'intitolava I duellanti mentre ora il suo ultimo, presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, si chiama The Last Duel. Le epoche storiche sono diverse, quella napoleonica nel primo, quella del '300 nel secondo, però il gusto per l'affresco storico e per la messa in scena dell'onore e del sacrificio del regista britannico, 84 anni a novembre, è sempre quello: «Il film mi ha dato l'occasione di riprendere il tipo di storia epica che amo, ma arricchita dai temi del coraggio, dell'inganno e della difesa di una causa che fanno presa sul pubblico di oggi. Il film è la storia di un'amicizia e di un'unione coniugale distrutti a causa di un atto particolarmente crudele e disonorevole, ma è anche la storia del coraggio di una donna che fa sentire la propria voce. È un'opera che fa riflettere e ne sono particolarmente orgoglioso anche perché vivo in una casa del 1360 e credo che sarei dovuto nascere in quel periodo che adoro», dice il regista che ha pronto anche un altro atteso film, House of Gucci, in uscita il 3 dicembre. «Di solito - aggiunge - cerco materiali nuovi su cui lavorare, qualcosa di fresco e di diverso che non ho mai fatto prima, come ad esempio il western che mi piacerebbe realizzare ora».

Ispirato a un fatto realmente accaduto, come recita il cartello iniziale, The Last Duel è tratto da un romanzo di Eric Yager che racconta un caso di stupro nella seconda metà del XIV secolo che ha portato a un processo regolato da un duello legalmente riconosciuto, l'ultimo della storia francese, avvenuto tra Jean de Carrouges e Jacques Le Gris, due amici diventati acerrimi rivali. Il primo è interpretato da Matt Damon, il secondo da Adam Driver mentre la donna contesa, Marguerite de Thibouville, moglie di Carrouges, è Jodie Comer, la star della scanzonata serie Killing Eve che, secondo Ridley Scott, «diventerà una delle grandi attrici della sua generazione».

Il film mette in scena l'accusa di stupro da parte della donna, fatto piuttosto inusuale all'epoca perché la donna rischiava il patibolo se accusata di falsa testimonianza, da tre punti di vista, un po' come avviene in Les choses humaines di Yvan Attal presentato sempre qui al Lido. Prima la versione di lei, poi quella del presunto stupratore, infine quella del marito tradito: «Si tratta di una sorta di specchietto per le allodole: per due terzi del film, crediamo che i protagonisti siano questi due uomini, ma alla fine scopriamo che questa donna era in realtà l'eroina di tutta la storia», dice Matt Damon che ha scritto il film con l'amico Ben Affleck tanti anni dopo l'Oscar per la migliore sceneggiatura originale con Will Hunting di Gus Van Sant. Affleck interpreta il biondissimo conte Pietro II d'Alençon protettore del cavaliere accusato dello stupro: «Mi ha molto interessato il romanzo - ricorda l'attore che si dichiara femminista ed è accompagnato a Venezia dalla fiamma, di ritorno, Jennifer Lopez - perché è su un personaggio femminile che aveva subito un'ingiustizia e che chiedeva giustizia rischiando in prima persona. Una storia molto moderna, non solo un'accusa a un cattivo, che poteva creare empatia e compassione negli spettatori».

Alla sceneggiatura ha collaborato anche Nicole Holofcener che, dice Matt Damon, «ha lavorato di più sul personaggio femminile e io e Ben ci siamo occupati della parte maschile» mentre, aggiunge la protagonista Jodie Corner, «uno degli aspetti più importanti di recitare come Marguerite era di assicurarmi di interpretare quello che Nicole aveva scritto, ricordo come tutti e tre mi avessero invitati

a leggere con loro lo script e a dare i miei consigli. Il mio personaggio ha una prospettiva speciale e mi è molto piaciuta la libertà di interpretazione perché alla fine del film si capisce che non c'è una sola verità».

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