Sanremo 2017

Macché Carlo & Maria, macché Crozza. Aò, con Totti sul palco non c'è partita

Tra gaffe e sfottò, "er Pupone" fa il vero comico. E il web lo vuole presentatore

Macché Carlo & Maria, macché Crozza. Aò, con Totti sul palco non c'è partita

Ma tenetevi Virginia e Ignazio, Mafia capitale e la guerra per lo stadio. Roma è, comunque, eterna, come il suo capitano, unico, irripetibile. Francesco Totti ha vinto il festival. Senza cantare, soltanto presentandosi, tale e quale, un corazziere al centro del palcoscenico dell'Ariston, con i conduttori, due buoni mediani di fatica, al suo fianco, Conti e De Filippi, praticamente ridotti a comparse, soprammobili, preziosi sì, ma semplici gregari.

Spodestato Crozza, emarginati Williams e Reeves, messi all'ombra i cantanti, rivoltato anche il copione con la purga finale ai rivali «daaLazio»: «La mia canzone di Sanremo? Povia, er piccione, t'oo ricordi er piccione?». La scrittura prevedeva una risposta diversa: Si può dare di più il titolo della canzone in scaletta, ma «er piccione» è il modo con il quale i tifosi romanisti chiamano l'aquila della Lazio che vola dentro lo stadio Olimpico prima delle partite della squadra biancazzurra. Totti non aspettava altro, un gol su rigore, aiutandosi anche con la mano, all'ultimo secondo. Sora Maria e Carlo si sono ritrovati, spiazzati, in off side, battuti ma vincenti. A Totti si può anche permettere di stravolgere l'archeologia e la lingua, leggendo sul gobbo «Cheope», il soprannome di Alfredo Rapetti, autore del testo del pezzo di Michele Bravi Il diario degli errori, ma pronunciandolo «Sciopé», un errore in più sul diario, mentre Maria gli posava la mano sulla spalla, come la maestra che comprende l'emozione dell'alunno. Nessuna recita, Totti non ha bisogno di recitare il ruolo che alcuni colleghi suoi interpretano, come manichini, imbambolati, inutili. Totti è al naturale, a denominazione di origine romana, romanesca e romanista, controllate, al cento per cento, per questo vincente. A quarant'anni ha scoperto che può incominciare a vivere non soltanto di football. Con lui in video non c'è partita.

Totti quello è, anzi quello è diventato. Da sfacciato, prepotente, indisponente, anche un po' truzzo, un dizionario con due vocali «aò», si è trasformato in professionista serio e vero, comico ma non buffone, dalla bazza petroliniana ma non clownesca, simpatico, genuino, grazie alla pubblicità televisiva, con la complicità di due docenti illustri, Costanzo&De Filippi. Essenziale, decisivo, come in campo con il pallone. Undici anni fa, con il capello lungo, stava seduto su una delle rosse poltroncine dell'Ariston, si alzò per ricevere il bacio della moglie Ilary che conduceva con Panariello. Dalla panchina, cioè poltroncina, a titolare, incomincia un'altra carriera. Ecco il Francesco Totti show, bello fresco, immediato, uno che ti fa venire la voglia di andare a Roma e di invitarlo a cena, bucatini e vino dei Castelli, roba buona. Così er Pupone spiega a tutti come è davvero 'sta capitale, bellissima. Anzi maggica.

Se po' ffa.

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