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La denuncia choc della ex compagna di Ghigo dei Litfiba: "Mi ha pestata per anni. Ora vuole sbattermi fuori di casa"

Tra denunce, querele e referti medici, parla Isabel, la compagna del fondatore dei Litfiba, Ghigo Renzulli, che racconta cosa sta succedendo nella sua vita

La denuncia choc della ex compagna di Ghigo dei Litfiba: "Mi ha pestata per anni. Ora vuole sbattermi fuori di casa"

Parlare di violenza sulle donne è un argomento sempre molto spinoso oltre che doloroso. Si moltiplicano ogni giorno i casi di maltrattamenti sia fisici, ma anche psicologici, nei confronti di donne. Abbiamo ricevuto un grido di aiuto da parte di Isabella, una delle tante donne che vivono una situazione di difficoltà. La sua storia, di cui ci ha fornito tutti i documenti, è una di quelle che somigliano a tante altre ma non per questo meno dolorose.

Isabella è stata per diciotto anni la compagna di Ghigo Renzulli, il fondatore della band dei Litfiba, ma il fatto che il suo compagno sia un personaggio noto, non ha cambiato il suo dolore, o quello dei suoi figli, soprattutto il maggiore, così come lei ci ha raccontato. Ovviamente, noi abbiamo riportato le sue parole, così come ci piacerebbe ascoltare quelle del suo compagno, perché la verità in questi casi non è una in assoluto. Certo è che da quello che Isabella ha raccontato, riportato fedelmente nella querela fatta ai carabinieri, fa davvero paura.

Isabella dove ha conosciuto Ghigo?

“Ghigo, così è chiamato da sempre, l’ho incontrato mentre tornavo dal lavoro. Era venuto per la festa patronale del paese dove vivevo in Piemonte con i miei genitori”.

Quanti anni aveva all’epoca?

“Io 24 anni e lui già 50. Ci siamo scambiati il numero di telefono e abbiamo iniziato a sentirci. Dopo qualche tempo ha cominciato a raccontarmi che con la moglie le cose non andavano più bene, lui era già sposato con un figlio di 12 anni. Mi ha poi detto che la moglie era andata via di casa e da quel momento ha iniziato a corteggiami. Quando però sono andata ad abitare con lui, ho scoperto che in realtà mi aveva già detto molte bugie, perché non erano separati e lei abitava in un paese vicino. Io avevo creduto alla storia che non andavano d’accordo da tempo e solo l'anno scorso ho capito che tutta quello che mi aveva detto erano bugie”.

Ma come siete arrivati alla decisione di vivere insieme?

"Prima abbiamo parlato tanto telefonicamente, poi piano piano abbiamo cominciato a vederci. In realtà venivo quasi sempre io e lui, nonostante mi avesse detto che fosse separato, non mi portava mai a casa sua. Io restavo sempre in hotel a Firenze. Anche lì, poi, non uscivamo mai per la città, mi portava solo a pescare e la notte tardi mi riportava in hotel”.

Non si è data una spiegazione?

"All'inizio pensavo lo facesse per il figlio, per non dargli un trauma, e poi sapevo che adorava pescare quindi non ci ho fatto tanto caso. Invece il motivo era che aveva sua moglie a casa".

Dopo quanto lei si è trasferita in Toscana?

"Poco dopo, nel novembre del 2002. Fu lui ad insistere. 'Vieni a casa mia - mi disse - perché non si può fare avanti e indietro”.

Quindi lei ha lasciato la sua casa dei suoi genitori in Piemonte per andare ad abitare con lui in Toscana?

“Sì, io sono piemontese e ho lasciato tutto, lavoro, affetti, per venire a stare con lui. Quando sono arrivata, ho avuto una brutta sorpresa. Abitava in un posto desolatissimo, che si chiama Baruffi un paese di trecento anime in mezzo al niente. Non c'è un supermercato, un tabacchi, nulla. Il paese più vicino è a quattro chilometri e quando lui andava a lavorare io li facevo a piedi perché non avevo neanche la macchina. Inoltre abitavo con il figlio Alessandro che aveva 12 anni ed era rimasto a vivere con lui. Non andavamo molto d'accordo, lui in piena adolescenza, io giovanissima, c'erano comunque dei problemi, degli scontri perché eravamo entrambi dei bambini. Questo ragazzino inoltre voleva stare con sua madre che invece lo aveva lasciato a lui dicendogli: ‘E’ ora che impari a fare il padre, visto che io ho fatto la madre per dodici anni’, e con il senno di poi ho capito cosa intendesse quel giorno".

Cosa faceva durante tutto il giorno?

“Ero praticamente isolata da tutti, non potevo uscire, lui era o al lavoro o a pesca, e io rimanevo con questo ragazzino che poverino non aveva tutte le colpe, perché si era visto portare a casa un’estrenea. Un paio di volte ho anche provato a scappare da quella situazione, ma lui tornava sempre dicendomi che sarebbe cambiato, che sarebbe stato più presente e così tornavo sui miei passi”.

Come era agli inizi Ghigo con lei?

“Il primo anno era la persona più gentile del mondo, ma molto molto tirato con i soldi. Mi ricordo che il primo Natale che abbiamo passato insieme, mi ha regalato due quaderni, uno a righe uno a quadretti. Fossero stati libri, almeno avrei passato il tempo. Ma non era questo che mi importava, altrimenti non ci sarei rimasta 18 anni con lui, è solo per spiegare il suo attaccamento al denaro”.

Quindi già dall'inizio le cose non andavano?

“No, io spesso andavo dai miei genitori, perché non ne potevo più di quella solitudine e di quella situazione, ma poi sono rimasta incinta di Cesare. E da li sono cominciati i problemi".

In che senso?

“Intanto lui un figlio non lo voleva, diceva che ne aveva già uno, ma io non potevo pensare alla mia vita insieme ad un compagno che amavo senza avere un figlio da lui, piuttosto me ne sarei andata. Così alla fine ha ceduto. Quando verso il terzo mese siamo andati in Piemonte a trovare i miei, era agosto, io ho avuto grandi problemi e ho rischiato di pedere il bambino. L'unica possibilità era stare immobile a letto e così ho fatto, rimanendo però a casa dei miei perché non potevo, e anche non volevo, tornare in Toscana in quella casa da sola. Ma invece sola sono rimasta comunque, perché lui da quel momento è letteralmente sparito. Ogni tanto, ma raramente, telefonava e in nove mesi sarà venuto a trovarmi tre volte. Il giorno che il bambino stava per nascere io l'ho avvertito, ma lui per tutta risposta mi ha detto: ‘Io stavo andando a pescare’, neanche ha detto ‘sono a pescare’ ma ’sto andando’ come se pescare fosse una cosa più importante della nascita di un figlio. Cesare è nato alle 18.45, lui si è presentato alle 23 ".

Prima che nascesse Cesare, lei lavorava? In che modo Ghigo si occupava di lei?

“Non lavoravo, come ho detto abitavo in un posto sperduto, non avevo una macchina e non potevo muovermi. Avevo solo una Postpay che lui ricaricava di tanto in tanto. Nei mesi di gravidanza, soprattutto gli ultimi, avevo bisogno di comprare le cose per il bambino, ma lui faceva sempre finta di niente. Morale della favola, mi hanno comprato tutti i miei".

Perdoni la domanda, ma da tutto quello che sta raccontando, lei non capiva che qualcosa di strano c'era?

“L’ho capito quando sono tornata a casa e per un po' di tempo per aiutarmi è rimasto anche mio padre. Io vedevo gli atteggiamenti che lui aveva nei miei confronti, e già allora dicevo a mio padre di portarmi via, e questo può testimoniarlo. Mio papà che sono 42 anni che è insieme a mia mamma, cercava di consolarmi, dicendomi che era un momento, che i bambini stravolgono le vite. Praticamente le cose che dicono i genitori per evitare di separare le famiglie. Per questo sono andata avanti".

Con la nascita di Cesare le cose cambiarono?

“Andavano peggio, io essendo sola, portavo sempre il bambino in un parchetto, e così ho cominciato a farmi delle amiche. Anche lì lui ha fatto in modo che le lasciassi tutte. Per lui erano tutte cattive persone, senza ripetere le sue parole perché sono vergognose dette nei confronti di una donna”.

Come si comportava nei confronti del bambino?

"A lui non è mai interessato niente di Cesare, non se ne è mai curato, quindi non ha un grande rapporto con il bambino, Anche perché andando avanti mio figlio ha assistito a molte scene brutte, che i bambini non dovrebbero mai vedere. Avendo lui il 'potere' di mantenerci lo usava per tenerci sotto e questa è sempre stata una cosa orribile".

Poi è nata la sua seconda figlia...

"Diciamo che io non volevo lasciare Cesare da solo, sono figlia unica, e da parte sua, a parte il figlio che è molto più grande e ora non abita più neanche in italia, Cesare non ha cugini e questa per me era una cosa insopportabile. Alla fine anche lui si è convinto e nel 2016 è nata Lucrezia".

La nascita di Lucrezia ha modificato il vostro rapporto?

“Quando è nata Lucrezia, le cose sono andate molto peggio del primo. Quando ero incinta lui per la bimba non voleva comprare nulla. Ma, cosa ancora peggiore, ho scoperto che aveva ricominciato a ricontattare tutte le sue ex. Stava fino a tarda notte a mandare messaggi su Facebook. Ogni tanto qualcuno lo leggevo e c'erano complimenti molto audaci che faceva a queste ragazze”.

Gliene ha parlato?

"Certo, una compagna non può sopportare certe cose, non era solo una situazione di gelosia, ma di rispetto. Già in famiglia non vivevamo in maniera idilliaca e avevo cominciato a capire il perché”.

Lui cosa le diceva?

“Proprio da quando gli ho parlavo, che ha cominciato ad avere delle reazioni violente: prendeva a calci qualsiasi cosa. Ha rotto i mobili della cucina con un calcio, io mi sono terrorizzata e ho cercato di ripararmi con le mani. Prima per il suo lavoro era quasi sempre fuori, ma poi ha cominciato a lavorare meno e io ho amaramente visto questi lati di lui che hanno cominciato a spaventarmi. Mi sono anche data molte colpe, ho pensato che forse con le due gravidanze lo avevo messo un po' da parte. Le stesse cose le ha dette lui in tribunale, mi ha accusato proprio di averlo messo da parte. Ma io ero sola con due bambini da crescere, come potevo fare?"

Quella della cucina fu l'unica volta che alzò la voce in quel modo e prese a calci i mobili oppure ce ne furono altre?

"Dall'estate del 2018 le cose cominciarono ulteriormente a peggiorare. Lui aveva cominciato a bere tanto, ma proprio bottiglioni di vino e non gli si poteva dirgli nulla che andava su tutte le furie, gli scattava subito la rabbia. Si vedeva che gli davamo tutti fastidio, anche i bambini, come se ci avesse già cancellati. E cercava ogni scusa per farci allontanare da casa e il motivo l’ho scoperto poco dopo”.

Quale?

“Un giorno mia figlia giocando in giardino entrò nel piano più basso della casa dove lui aveva il suo studio e si era trasferito. La raggiungo terrorizzata perché lui non voleva che entrassimo lì e che toccassimo le sue cose. Quando è uscita fuori, Lucrezia aveva in mano due scatole, una di profilattici e l’altra di un medicinale che ha diciamo lo stesso scopo. In quel momento sono diventata furiosa, ho cercato il suo telefono, e anche se lui aveva cambiato il codice, ne ho provato uno che tanto tempo prima mi aveva detto. Scopro che lui ha un rapporto con una ragazzina che all’epoca aveva 18 anni. Una vera ragazzina in confronto a lui che ne aveva 65. Mi prende il panico soprattutto perché anche io sono mamma e mi sono sentita morire all’idea che il mio compagno potesse avere una relazione con una ragazza così giovane. Quando è tornato ero furiosa, schifata da una situazione così brutta. Ho retto per qualche giorno, ma alla fine mi sono fatta coraggio e sono andata a parlarci dicendogli che non potevo avere un peso del genere, non potevo pensare che la persona con cui avevo fatto due figli e che aveva 65 anni era andato con una ragazzina. In quel momento ho alzato i toni devo ammetterlo, lui mi ha seguito e in bagno mi ha preso a schiaffi. Non so quanti me ne ha dati se 15, 20, poi mi ha preso per le spalle e mi ha sbattuto al muro. Tutto questo davanti a Cesare che era terrorizzato. Sono scappata nella camera dove dormiva mia figlia ma lui è arrivato spaccando la porta e poi ha continuando a sbattermi addosso all’armadio. Per fortuna Cesare è corso e ha cominciato ad urlargli contro terrorizzato che mi avrebbe ucciso e solo così lui mi ha lasciato ed è uscito dalla stanza. Il giorno dopo è venuto da me dicendomi che voleva il dna di entrambi i bambini. A quel punto io non ci ho visto più e le ho urlato in faccia che mi faceva schifo. Lui aveva una bottiglia di birra in mano e mi ha rincorso cercando di spaccarmela in testa. Io sono corsa di nuovo verso la nostra camera e per fortuna che si è svegliato ancora una volta mio figlio Cesare spaventato, quando lui lo ha visto ha digrignato i denti e l'ha abbassata. Io ho cercato di tranquillizzare il bambino che ho rimesso a letto, ma poi la discussione è continuata al piano di sotto, dove, mi ha messo due pollici sul collo e mi stringeva forte, ha cominciato a mancarmi l’aria, ma la cosa che più mi spaventava erano i suo occhi, quasi fuori dalle orbite dalla rabbia. Quando ha cominciato a mancarmi l’aria, ho fatto finta di accasciarmi nella speranza che lasciasse la presa. Per fortuna lo ha fatto, e io ho approfittato di quel momento per rialzarmi, e l'ho allontanato da me con uno spintone. Lui ubriaco ha barcollato ed è caduto dalle scale. Sono scesa di corsa per vedere come stava e ho chiamato subito i carabinieri. Ho raccontato loro la verità, che lo avevo spinto perché lui mi stava picchiando. Loro ci hanno chiesto se volevamo andarci a far refertare ma entrambi abbiamo detto di no, io volevo evitare per la sua carriera. La mattina dopo, invece, lui era andato a farsi refertare, dicendo che io avevo tentato di ucciderlo, e mi ha querelato per tentato omicidio”.

Lei non ha mai pensato di prendere i bambini e andare via di casa?

“Certo che ci ho pensato, ma dove andavo? Ero sola e senza un soldo, non ho mai avuto un mio conto, non lavoravo”.

Non ha pensato di denunciarlo?

“No, in quel momento no. Poi andando avanti ho trovato e mi sono rivolta, ad Artemisia, che è un centro anti violenza per le donne, che mi sta aiutando anche con lo psicologo. Tante volte ho avuto dei grandi momenti di depressione, perché lui oltre ad avermi malmenato continuamente mi umiliava dicendomi che ero una mantenuta, una nullafacente, che non valgo niente e che gli faccevo schifo”.

Lui fino a quando è rimasto in casa?

“Fino a febbraio 2019, continuando ogni giorno a maltrattarmi, a vessarmi a farmi ripicche. Io per 18 anni ho lavato, pulito, stirato, cucinato, senza mai uscire e senza alzare neanche la testa. Mi ricordo il giorno di Natale del 2018, avevo la bambina con la febbre e lui, continuava ad abbassare i termosifoni, dicendo che era il padrone di casa e faceva quello che voleva. Io come ci avevano detto gli avvocati gli ho ricordato che non doveva provocarmi e lui per tutta risposta mi ha rincorso con una spranga di ferro con cui chiudeva la porta del garage. Anche in quel caso sono intervenuti i carabinieri perché io avendo già subito mi sono spaventata, e lui davanti a loro, ha detto che quella sbarra la stava semplicemente spostando”.

Ora però lui non vive più con voi in quella casa...

“Lui vive con la sua nuova compagna che era quella che io ho definito prima una ragazzina, vista la giovane età, in un paese vicino. Per fortuna c’è stata la quarantena, altrimenti sarebbe venuto a prendere la bambina ma io non mi fido a lasciargliela. L’ultima volta, sono andata a riprenderla mezza congelata in una giostrina in cui lui l’aveva lasciata per ore. Ha chiamato i carabinieri dicendo che avevo rapito la bambina, ma quando sono arrivati hanno constatato loro stessi che Lucrezia era mezza congelata. Fortunatamente non può più toccarmi perché ha una querela da codice rosso se dovesse rimettermi una mano addosso rischia grosso, ma ha continuato, fino a prima della quarantena a massacrarmi con le parole e con gli insulti, e tutto questo davanti ai bambini”.

Senza scendere in particolari cosa le diceva?

“Umiliazioni di ogni genere, mi ha accusato anche di avere degli amanti, cosa che se avessi avuto il tempo con due figli di avere un amante, lo avrei usato per lavorare e quindi potermene finalmente andare”.

Perché ha deciso di andare in ospedale a farsi repertare?

“Per paura, per denunciare affinché non avvengano più le scene che hanno visto i miei figli. Anche se quando mi sono decisa e sono andata in ospedale, erano già passati parecchi giorni, ed infatti anche sul referto riferendosi ai lividi c’è scritto pregressi. Ma a me non importa volevo solo che questa cosa si sapesse”.

Come mai siete finiti in tribunale?

“Perché lui vuole sbattermi insieme ai bambini fuori di casa. Il giudice vista la mia condizione ha stabilito una cifra da darmi che lui non mi ha mai dato per intero e rivuole anche la casa”.

Ma perché vuole farvi andare via da quella casa dove sono poi cresciuti i bambini?

“Perché la casa è sua, lui è il proprietario. Vuole gestire la cosa secondo quello che gli è più comodo, non in base alle necessità che hanno i bambini. In questi due mesi, non ci ha portato neanche un pezzo di pane. Non si è chiesto se i suoi figli hanno mangiato o con quali soldi vado a fare la spesa?”.

Perché ha deciso di raccontare questa storia?

“Penso che ci sono tante donne che come me non lavorano e ce ne saranno molte di più dopo questa quarantena. Donne che si sono dedicate completamente alla famiglia che non hanno mai lavorato e che si ritrovano a subire, perché non hanno il coraggio di andare via, o non hanno i soldi per farlo, devono capire che esistono dei centri antiviolenza come Artemisia, che io ho trovato troppo tardi, dove almeno psicologicamente ti possono far capire che la colpa non è tua, che non sei uno schifo come lui ti ha fatto credere, che hai due figli bellissimi, che li hai tirati su bene e da sola, che ti danno una forza che magari qualcuno in casa cerca di toglierti e che anche psicologicamente vuole chiuderti dentro e ti vuole isolare. Io, in 18 anni, ho quattro amiche, e non ci sono mai uscita. Non mi sono mai resa conto di questa cosa, perché sono sempre stata dietro i bambini. Vorrei dire a queste donne, che si può venire fuori anche senza subire le umiliazioni che ho avuto io. Perché oltre aver subito in silenzio e ingoiato non si sa quante volte, l’unica cosa cosa che mi sono ritrovata è il sentirmi dire che 'sei una schifosa' e 'devi andare via di casa insieme ai bambini'”.

Che cosa vorrebbe adesso?

“Vorrei andare via dignitosamente, perché in questo caso chi è convivente non viene neanche aiutato dalla legge. Devi fare un altro procedimento, che non puoi fare perché non hai i soldi per pagarlo. Allora se volete aiutare le donne che non hanno un lavoro, che devono andare in tribunale, che devono prendere degli avvocati, deve essere riconosciuta la convivenza con gli stessi diritti del matrimonio. Ho chiesto al giudice di farmi aiutare da lui ad andare via, non a prendere una casa in affitto per me e i bambini per ritrovarmi in mezzo ad una strada se poi lui non paga. Con i soldi che mi spettano io devo decidere se far mangiare i miei figli o andare via, e scelgo di farli mangiare. E’ così umiliante sentirsi dire, soprattutto parlando di bambini 'se avete fame potete anche mangiare le scatolette dei gatti'. La cosa brutta è il suo desiderio di tenerti in scacco con i soldi, lui gioisce quando lo chiamo pregandolo di mandarceli, perché in questo modo riesce a tenerci in scacco e io questa cosa non la voglio più”.

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