Cultura e Spettacoli

Mika, performer 2.0 "La tv? Mi dà i soldi per essere libero"

Il giudice di XFactor pubblica il cd antologico Songbook vol. 1 e prepara già un nuovo disco

Mika, performer 2.0 "La tv? Mi dà i soldi per essere libero"

Grazie al ruolo di giudice a XFactor è diventato la rivelazione televisiva del 2013: Michael Holbrook Penniman Jr, in arte Mika. Piace la sua figura insolita ma in fondo tradizionale nel solco degli anglofoni in tv. Piace, in questo trentenne nato a Beirut e vissuto a Parigi e a Londra, la capacità di mettere allegria con un italiano imparato in un paio di mesi, pieno di parole fai da te come «choosato» per scelto e «stupidigia» per stupidità. Piace il suo magnetismo discreto da gay che affascina le donne e per il garbo anche le nonne. Piace perché, dietro al gioco di ruolo del talent show, si percepisce la sostanza di ottimo performer e cantautore pop, in versione 2.0.
Lo conferma il Mika Songbook Vol. 1, disco antologico in uscita per la Universal il 12 novembre. 15 canzoni di spicco dai primi tre cd del ragazzo d'oro del pop internazionale (otto milioni di dischi venduti). Dal tormentone Grace Kelly alla atmosferica Relax, all'inno da party We are golden. Nel disco ci sono anche alcuni notevoli duetti: Stardust, con la vincitrice di XFactor 2012 Chiara, Celebrate con Pharrel Williams, e Popular Song con la nuova stella Usa Ariana Grande. «Sto già lavorando al nuovo disco, che uscirà l'anno prossimo» ha raccontato Mika all'incontro milanese di presentazione della raccolta. «Ho debuttato a 11 anni sul palco con un'opera di Strauss e a 85 magari pubblicherò il terzo volume del mio songbook. Intanto, questo è un modo di dire: sono qui. Con le mie canzoni strane». Strano lui, che a scuola veniva preso in giro dai compagni. «Ero il soggetto preferito dei bulli», ha raccontato in un'intervista. «Vestivo bizzarro, ero dislessico e molto timido. Facevo di tutto per essere popolare, ma non funzionava. Allora mi sono detto: "Devo trovare un modo perché la mia stranezza lavori per me, invece di distruggermi"».
Strane le sue canzoni o almeno non perfettamente rispondenti ai canoni del pop da classifica, quello di Lady Gaga o Rihanna: «io sono pop» ricorda Mika, «ma mi piace cercare qualcosa di particolare, di estremo, nei miei brani. E devo trovare la maniera di esprimerlo. Per esempio ho collaborato con Ariana Grande andando contro i consigli dei miei produttori. La Universal music non ha dato un soldo per il video. Ma non ho voluto aspettare, mi sono prodotto il video da solo, ho cercato gli sponsor. Alla fine Popular song ha raggiunto 36 milioni di visualizzazioni su Vimeo».
Il cantautore pop 2.0 secondo Mika, non deve solo saper scrivere e cantare, deve anche essere un buon imprenditore: «Ho capito finalmente - dice - che ho il potere di fare le cose da solo. Voglio la libertà di fare i dischi che voglio, come voglio, in qualsiasi momento. Non mi va di chiedere il permesso». Lontano da ogni birignao autoriale: «L'anno prossimo, oltre a XFactor farò la versione francese di The Voice. Vado in televisione perché è il format più popolare, e mi permette di avere la libertà di fare album che mi piacciono».
E visto che per ora gli impegni televisivi lo tengono a Milano, Mika ci si è da poco trasferito. «È una città difficile da capire. Qui è tutto chiuso: ci sono posti meravigliosi, come questo», dice alludendo a Villa Necchi, dove si è tenuta la presentazione «ma se ne parla poco, bisogna conoscerli, arrivarci. Piano piano ci sto riuscendo. A volte vado sui Navigli, mi siedo in un bar e ordino una birra, da solo» dice. Del resto Mika, da sempre affascinato dal cinema di Fellini, da poco ha scoperto Paolo Conte: «Mi piacciono le sue canzoni non troppo lavorate», aggiunge. Ed è già stato in studio con il collega Morgan: «Stiamo lavorando a un brano in cui lui canta in italiano e io in inglese, contemporaneamente. Morgan al piano o alla chitarra è impressionante, un bambino pazzo immerso nella musica».
Delle concorrenti della sua squadra a XFactor (Roberta, Gaia, Violetta, Valentina) sottolinea «devono tutte imparare che l'attenzione che ti dà un reality è artificiale. Devono imparare a fare la guerra, avere un'idea di identità ben fissa in testa». Insomma essere un cantautore pop versione 2.

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