Cultura e Spettacoli

"Il mio Balistreri nero ora riscopre l'amore sepolto dalla violenza"

In «Ballando nel buio» torna il personaggio dell'ex estremista di destra diventato poliziotto

"Il mio Balistreri nero ora riscopre l'amore sepolto dalla violenza"

Con Ballando nel buio (Marsilio, pagg. 480, euro 19) Roberto Costantini riporta in scena per la quinta volta il personaggio di Mike Balistreri, protagonista dei precedenti Tu sei il male, Alle radici del male, Il male non dimentica e La moglie perfetta. Balistreri è un uomo dalla personalità complessa e dal passato tormentato. È cresciuto nella Libia post-coloniale e ha visto la propria vita travolta dalla morte della madre e da quella della piccola Nadia. È stato anche coinvolto personalmente in un complotto contro Gheddafi e poi ha subito le conseguenze di una vendetta che ha sconvolto per sempre la sua esistenza. Negli Anni Settanta Mike Balistreri cresce nella Roma in cui ha preso piede il movimento di Ordine Nuovo e vi aderisce consapevolmente. Nelle pagine di Ballando nel buio lo vediamo affrontare sia i fantasmi del suo passato, sia le ossessioni del presente e prendere decisioni che lo cambieranno radicalmente. Fino a giungere al 1986, anno in cui si troverà, come poliziotto, a indagare sulla morte del deputato Giulio Giuli.

Roberto Costantini non fa sconti, ancora una volta, nella sua narrazione e dimostra di avere ben chiaro il suo percorso d'autore: «Il personaggio di Mike Balistreri - spiega - è nato con l'idea di raccontare attraverso un personaggio seriale in diverse fasi della sua vita, dall'adolescenza alla terza età, la storia dei problemi italiani osservata da un punto di vista minoritario, quello dei perdenti».

Costantini, perché ha voluto che il suo eroe avesse un passato così scomodo?

«Il passato scomodo, e cioè la Libia, l'estrema destra, il lavoro nei servizi, fa parte della costruzione dell'occhio minoritario di cui sopra».

È stato più complicato raccontare la sua crescita in Libia o gli anni Settanta che vive a Roma?

«È stato molto più difficile raccontare i suoi anni Settanta nell'estrema destra a Roma che i suoi anni Sessanta in Libia. Per un motivo semplicissimo: io in Libia sono nato e cresciuto, sino ai 18 anni. Con la politica, pur essendo studente di Ingegneria a Roma proprio in quel periodo, non ho mai avuto nulla a che fare. Quindi nel primo caso raccontavo un contesto emotivo conosciuto, nel secondo no».

Perché ha voluto che Balistreri avesse militato in Ordine Nuovo?

«Perché l'estremismo è coerente con la sua storia precedente, e farlo a destra è più coerente con la vista minoritaria».

Come ha potuto raccontare la destra romana di quel burrascoso periodo?

«L'ho descritta dopo aver parlato con decine di attivisti che facevano quelle cose: riunioni, comizi, botte, ma niente di più. La cosa che mi ha colpito di più era la loro vita assolutamente normale, la passione politica era un hobby forse meno banale del cinema o del calcio, ma soltanto un hobby che non cambiava nulla delle loro vite».

Ci può parlare dei compagni di strada di Balistreri, cioè Ringo, Benvenuti e Boccino?

«I tre personaggi/amici di Mike nell'estrema destra sono molto diversi tra loro per i diversi motivi che li muovono: arrivismo per il futuro politico Ringo, soldi per il futuro delinquente Boccino, autostima per il pugile fallito Benvenuti. Tre casi umani diversi che ho trovato nelle interviste di cui dicevo».

Che tipo di rapporto ha con la politica il suo eroe?

«Il rapporto di Balistreri con la politica oggi è nullo, non condividendo il processo di selezione e l'assetto, non voterebbe per nessuno. Se proprio lo costringessimo a parlarne, direbbe che il processo di selezione della democrazia parlamentare ha in se stesso i germi del fallimento».

E con la violenza?

«Sulla violenza vediamo sempre la differenza nelle diverse fasi della sua vita. Lui ne viene a capo gradualmente, trasformando la rabbia ideologica in un totale cinismo. Morto prima di morire. Ma quando i fatti intorno a lui lo costringono a uscire dal letargo emotivo, torna il dolore che porta la rabbia. E quindi la violenza».

Quale visione ha della giustizia?

«La violenza, nel Balistreri adulto si manifesta spesso attraverso un disconoscimento della giustizia formale, quella dei codici che dovrebbe servire, a favore di una giustizia valoriale a prescindere dalle leggi, dove lui diventa il giudice che condanna una persona non penalmente perseguibile e invece lascia andare un assassino giusto».

Tutti i suoi romanzi sono costruiti intorno a due storie: una nel passato e una nel presente. Perché?

«I due piani temporali nei miei libri sono il motore della violenza di Mike. Nel presente lui è un cinico a cui non interessa più nulla. Ma quando i fatti del presente lo riportano a quelli del passato, scatta la molla della rabbia. Diventa molto più vivo, e di conseguenza molto più violento (anche in amore)».

Balistreri ha lavorato per un po' in una palestra di karate...

«Le arti marziali sono lo sport che lui sceglie sin da ragazzino. Conosce se stesso, sa che non deve soltanto imparare a difendersi, ma anche a controllare la rabbia».

Come ha scelto il titolo del suo nuovo romanzo?

«Il titolo nasce da una bella canzone di Springsteen di quegli anni, Dancing in the dark. Evoca l'idea di una vita che si muove in una direzione sconosciuta e pericolosa. E, spero, della speranza che alla fine del buio ci sia la luce».

Oltre a Springsteen troviamo citati autori come Battisti, De Gregori, Guccini...

«Nelle mie storie ci sono sempre molte canzoni. Hanno due funzioni. La prima è far sentire i lettori in un momento ben preciso della loro vita. Allo stesso modo uso anche il calcio, con il gol di mano fatto da Maradona agli inglesi».

Ballando nel buio racconta anche i sentimenti di Balistreri e dei suoi compagni.

«È in realtà un giallo che racconta di un grande amore infelice e delle conseguenze degli ideali non realizzati. Il terrorismo degli anni Settanta è lo sfondo, non la storia».

Che tipo di rapporto ha con il noir?

«È legato alla mia esigenza di raccontare il sociale e il giallo in sé è soltanto un mezzo per tenere desta l'attenzione del lettore.

Il giallo si presta a molte sfumature, dalla commedia all'horror».

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