"Con il mio canto libero arriverò anche all'estero"

Marco Mengoni parla del cd "Le cose che non ho"

"Con il mio canto libero arriverò anche all'estero"

Dopotutto Marco Mengoni lo dice subito: «Sono un po' Dr Jekyll e mr Hyde, cambio idea, in studio modifico continuamente i miei brani e per fortuna il produttore Michele Canova mi ha fatto scoprire nuovi aspetti della mia sensibilità». Un artista in continuo movimento. Insomma è un Marco Mengoni a mille quello che parla di Le cose che non ho, album che esce domani e che arriva dieci mesi dopo Parole in circolo, vicino al quarto disco di platino e successo consacrato dell'anno. Non bastasse, le prevendite del tour che partirà il 28 aprile dal PalaAlpitour di Torino vanno così bene che la data all'Arena di Verona del 21 maggio è già stata raddoppiata. In poche parole, il 2015 è stata una svolta per questo neanche ventisettenne molto etereo nelle parole e molto concreto nei fatti: da giovane promessa è diventato una certezza (e ha un esercito di fan da scatenare l'invidia di chiunque).

Caro Mengoni, due dischi e un tour: c'è un filo conduttore?

«Il desiderio di diventare sempre più libero. Ogni mese mi accorgo di esserlo un poco di più e la musica senza dubbio mi aiuta a trovare questa forma di libertà non solo artistica ma anche personale».

La libertà ha un prezzo.

«Io l'ho acquisita anche grazie alle copie vendute e al pubblico che mi mostra un affetto davvero continuo».

Le cose che non ho è stato «concepito» in parte anche a Los Angeles negli studi di Canova.

«E quando sono arrivato là mi sono accorto di quanto diversa sia la musica che gira intorno. Così diversa da farmi sentire piccolo così».

Dipende da questo la richiesta di collaborazioni con altri autori?

«No, tutto è nato spontaneamente. Conosco da anni Giuliano Sangiorgi dei Negramaro ma non avevamo mai collaborato prima. Stavolta mi ha subito mandato un brano però non andava bene. Poi mi ha spedito un provino ed era perfetto».

Sangiorgi dice che scrivere per lei è come «dipingere un quadro con tutti i colori del mondo».

«Anche se l'ho un po' mengonizzata, come dicono i miei collaboratori, Solo due satelliti rimane una delle canzoni portanti di questo disco«.

E Sia?

«È una delle cantautrici più importanti della Terra. Ho provato ad adattare in italiano il testo di Rock bottom ma non era possibile. Perciò ho lasciato il testo com'era e l'ho cantato in inglese».

In fondo, dopo aver vinto un'altra volta agli Mtv Europe Music Awards, è ora di sbarcare all'estero.

«Sono due anni che mi cercano e a gennaio pubblicherò la versione spagnola di Parole in circolo, i cui testi sono stati tradotti e non solo adattati».

Andare all'estero significa anche conoscere la musica straniera. A lei chi piace?

«Senza dubbio adoro Strömae, che ho visto dal vivo e mi ha fatto sentire minuscolo tanto è bravo. Ma io sono cresciuto con Battisti, con Lorenzo Jovanotti, con Nina Simone e ora sono affascinato da Benjamin Clementine e Selah Sue».Per lei le canzoni di quest'anno fanno parte di una «lunga playlist personale».

È una sorta di passo in avanti rispetto alla ritualità tipica del pop.

«Non a caso anche i video del disco Le cose che non ho diventeranno una storia ciclica, una sorta di mediometraggio con tutte le clip di questo disco, alcune delle quali non saranno legate a singoli».

Ma quali sono (o sono state) le sue «cose che non ho»?

«Sostanzialmente quelle che volevo raggiungere e mi hanno fatto crescere

fin qui».E arrivare fino a due concerti consecutivi all'Arena di Verona.«In fondo continuo a seguire la saggezza che mi hanno insegnato a Ronciglione, quel paese di settemila anime in provincia di Viterbo dove sono nato».

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