"Il mio nuovo stadio è raccontarmi senza filtri"

Esce il disco "Tutto accade" in attesa del concerto a San Siro: "Adesso sono uscita dall'anestesia"

"Il mio nuovo stadio è raccontarmi senza filtri"

In effetti poche cantanti riescono a raccontarsi come Alessandra Amoroso. Lei lo fa per di più utilizzando le parole di altri, con una inedita capacità di essere cantautrice senza scrivere testi, riuscendo a trovare gli autori che meglio si sovrappongono alla sua sensibilità. Capita così da sempre, a questa salentina che vive a Roma e che, anche nel nuovo disco Tutto accade, trasforma le canzoni in carte d'identità. Da quando ha vinto Amici, nel 2009, la sua password per il successo è stata anche la capacità di trasformare la propria musica in una sorta di dialogo/confessione/analisi con i fan, con la sua «Big Family» che la segue compatta sui social e ai concerti. Una condivisione obiettivamente rara per intensità e continuità. Ora arriva questo album che è un bell'esempio di canzone pop nel senso di popolare, cantata con forza entusiasta e bella ricerca di timbri vocali. «Avevo bisogno di dare un nome alle mie paure e di uscire dall'anestesia», spiega lei che, anche quando parla, è torrenziale, contagiosa, carica di energia: «In questo disco racconto una storia: la mia», dice.

La riassuma in una frase.

«Una storia fatta di salite e discese nelle quali mi sono talvolta persa ma poi mi sono sempre ritrovata».

Qual è la scintilla di questo disco?

«La mancanza di una persona che nella mia vita è stata decisiva, ossia mia nonna. Questo disco parte da un cambiamento importante come un lutto, una mancanza che ha amplificato le mie insicurezze e i miei limiti».

Come ha fatto a venirne fuori?

«Ho neutralizzato i miei limiti, non li ho giudicati».

Tutto accade, appunto.

«Accade anche che io riesca a trovare tanti autori così tanto bravi a raccontarmi».

Ma lei avrà dato indicazioni.

«Non sempre, anzi raramente. In questo disco ci sono brani che sono arrivati prima che accadessero determinati eventi nella mia vita. Quasi fossero una premonizione. Riascoltando poi tutte le canzoni, mi sono accorta che ogni canzone era al posto giusto e nel momento giusto, quasi fosse una magia».

I suoi autori sono praticamente la «nouvelle vague» della canzone italiana: da Paolo Antonacci a Davide Petrella, da Giordana Angi a Federica Abbate fino a Rocco Hunt e Daniele Magro.

«Tutti bravissimi. Con Petrella ho scoperto anche una particolare sintonia. Lui ha firmato le parole di Piuma e Sorriso grande, due canzoni legate una all'altra perché la prima spiega il buio del lockdown, la seconda la voglia di trovare la luce alla fine della pandemia».

Dal disco esce fuori una Alessandra Amoroso meno fragile di quel che si pensa.

«Il difetto di tanti, anche tra i giornalisti, è stato di farsi condizionare dalle mie lacrime. In realtà non sono così come sembra. Per fare questo mestiere bisogna anche essere determinati e sicuri». (sorride - ndr)

Lei talvolta ha nascosto questa forza.

«Forse è così. Di certo, ormai ho 35 anni, non più 22. E ho fatto questo lavoro anche per capire ciò che voglio raggiungere e ciò di cui ho bisogno per essere me stessa».

Ha anche raggiunto un concerto a San Siro il 13 luglio del prossimo anno.

«Mamma mia».

Avrà ospiti con sé sul palco?

«Ci saranno ospiti che proprio non vi potete immaginare. O magari non ce ne saranno, chissà. Ora è davvero troppo presto per parlarne».

La scaletta?

«Ovviamente ci saranno tanti brani di questo nuovo disco, ci mancherebbe. Ma ho pensato anche che rivestirò i brani del mio repertorio, darò loro un nuovo guardaroba. Lo devo ai miei fan, oltre che a me stessa».

È una delle poche artiste italiane che, oltretutto in tempi di pandemia, abbia annunciato un concerto in uno stadio prima ancora di pubblicare il nuovo disco.

«Tutto accade, appunto».

E spesso sono i grandi dolori che aiutano a crescere.

«Mi ha fatto bene parlare di quella grande scomparsa, della scomparsa di mia nonna. Ora a quel dolore mi sento di dare una carezza».

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