Cultura e Spettacoli

Mistero buffo in Vaticano Fo: "La Chiesa mi censura"

Il premio Nobel: "Hanno negato l'Auditorium Conciliazione per lo spettacolo su Franca Rame". La Santa Sede: "L'immobile è nostro ma non lo gestiamo"

Mistero buffo in Vaticano Fo: "La Chiesa mi censura"

E ora via con i paroloni: censura, stop alla libertà di pensiero, oltraggio alla memoria, guerra fredda eccetera. Ieri a ciel sereno Dario Fo ha esploso l'accusa del giorno in una lettera aperta catapultata in tutte le redazioni: «La Santa Sede non ci autorizza a procedere con il testo di Franca». Per chiarire, l'Auditorium della Conciliazione di Roma, che è di proprietà del Vaticano e gestito da una società privata che deve verificare la congruità degli spettacoli con le Istituzioni Vaticane, non ha messo in cartellone (data prevista il 18 gennaio) lo spettacolo In fuga dal Senato, tratto dal libro pubblicato postumo da Chiarelettere, nel quale Franca Rame racconta i suoi 19 mesi da senatrice tra il 2006 e il 2008.
Dario Fo, lo sapete, mica si trattiene e quindi ha subito a) parlato di «autogol terrificante»; b) dato lezioni di teologia dicendo che queste decisioni «confondono i credenti»; c) tirato in ballo Papa Francesco che va «verso la gente» ed è costretto a fare i conti con la Chiesa che «ancora non cambia. Ancora sbagliano facendo censura, persino Andreotti ai suoi tempi era più sottile».

Insomma lo sfogo poco accademico di un premio Nobel: «Uno spettacolo così che racconta la lotta ai privilegi gli dà fastidio, li spaventa perché mette in discussione i poteri forti». Di più. «Ora tanti teatri a Roma vorranno ancora di più questo spettacolo, sarò costretto ad allungare la tournèe, dovrò forse annullare anche alcuni impegni all'estero», ha riassunto quasi soddisfatto Dario Fo. Nello spettacolo, che debutta la prossima settimana al Politeama di Genova e quindi ora godrà di una scoppiettante pubblicità, si racconta in forma di monologo e dialogo, il periodo che Franca Rame aveva definito come «il frigorifero dei sentimenti», gli incontri con Di Pietro, Finocchiaro e altri senatori, la fatica a districarsi tra le lentezze procedurali. Chi vorrà vederlo potrà farlo a Firenze, Bologna, Torino, Napoli, Padova, Chiasso e Milano, dove Fuga dal Senato è già beatamente in cartellone. A Roma, vedremo. In attesa che gli altri teatri romani si facciano avanti, l'Auditorium della Conciliazione non ha replicato almeno fino a ieri sera alle 21. È arrivata certo, una generica spiegazione del Vaticano, che non entra nel merito specifico, ma conferma che l'Auditorium non è gestito «né direttamente né indirettamente da società che possano essere ricondotte al Vaticano». Ovviamente nel contratto «vi sono clausole che riguardano la tipologia degli spettacoli e degli eventi che quello spazio è autorizzato a ospitare». Per la cronaca, nelle prossime settimane laggiù, a pochi metri da piazza San Pietro, si esibiranno tra gli altri Raphael Gualazzi, Pooh, Nomadi e Baustelle. In ogni caso l'unica versione disponibile nello specifico è quella srotolata sulla lettera di Fo e confermata da Fabrizio De Giovanni, amministratore della Compagnia Itineraria, che da molti anni allestisce i suoi spettacoli. Nella lettera che ha ricevuto da Murciano Iniziative, che è l'organizzatore della tappa romana, c'è scritto che «con grande rammarico ti comunichiamo che la Santa Sede non ci ha autorizzati a procedere con lo spettacolo di Dario Fo. Purtroppo non dipende da noi». Sono tutte informazioni in attesa di conferma, se mai arriverà. Di certo il patatrac sembra cucinato apposta per rispolverare categorie sempreverdi e di facile presa, che svolazzano dalla censura fino ai poteri forti, che però sarebbero così deboli da censurare Dario Fo solo a Roma ma non nel resto d'Italia.

E alla fine viene da chiedersi se davvero, in questa turbinosa fase di rinnovamento, la Chiesa ha tempo da dedicare alla replica di uno spettacolo purchessia.

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