Cultura e Spettacoli

Mogol incontra Lavezzi. Una coppia d'assi riscrive il pop d'autore

I due giganti che hanno firmato la storia della musica si trovano per comporre brani

Mogol incontra Lavezzi. Una coppia d'assi riscrive il pop d'autore

Noblesse oblige. Le premesse sono molto buone se due giganti della musica d'autore italiana si incontrano per scrivere nuovi brani. Giulio Mogol e Mario Lavezzi. Il primo non ha bisogno di presentazioni visto che, da Battisti a Celentano, è l'autore con più primi posti in classifica al mondo. E manco per Lavezzi c'è bisogno di molte parole. Dai Camaleonti alla Bertè è un compositore che ha scritto musiche capaci di cambiare la storia della nostra canzone come racconta nel libro E la vita bussò per Morellini Editore. Da qualche tempo scrivono canzoni che hanno i due ingredienti da sempre fondamentali ma talvolta dimenticati: la musica e le parole. «L'idea ci è venuta durante il lockdown. Insomma, io compongo le musiche e poi vado a Cet di Toscolano, in Umbria, a fargliele ascoltare. Da lì lui scrive i testi» spiega Mario Lavezzi che a 74 anni trascorre l'ennesima estate su e giù per l'Italia tra concerti e presentazioni.

«Sono interessanti quelle musiche, molto interessanti», dice Mogol al ritorno da un evento a Fasano in Puglia. Il 17 agosto compirà 86 anni, quasi tutti vissuti al massimo livello di una popolarità esplosa al Festival di Sanremo del 1961 dove vinse con la canzone Al di là scritta con Donida per Betty Curtis e Luciano Tajoli. Sessantun anni fa, dicesi 61. «Ma non mi sento vecchio, faccio molta ginnastica», spiega questo maestro che ha cambiato la storia della canzone popolare. «Lui dice che il testo è nella musica e bisogna semplicemente decodificarlo», riassume Lavezzi.

Semplicemente è un parolone: bisogna avere il talento per farlo. Sempre Lavezzi cita il testo di Mogol in Io vorrei... non vorrei... Ma se vuoi portato allo strepitoso successo da Lucio Battisti nel 1972: «Quando senti la musica legata a Le discese ardite e le risalite capisci che va dal basso verso l'alto proprio come una risalita...».

Di questo progetto Mario Lavezzi ha fatto cenno durante un incontro alla rinascente Bussola di Marina di Pietrasanta in Versilia, uno dei crocevia della grandissima musica tra gli anni '50 e gli anni '70 che adesso sta rinascendo con nuovi incontri e nuovi concerti: «Abbiamo già scritto sei o sette brani insieme», dice Lavezzi. Lui compone la musica, poi va in Umbria e gliela fa ascoltare. «Arrivo con provini registrati come si faceva tanti anni fa, ossia in finto inglese. Lui li ascolta, si siede sul divano e io vado avanti e indietro con il file audio. Spesso ha gli occhi chiusi come se fosse investito dall'ispirazione. Così sono già nati sei o sette brani».

Più o meno è lo stesso processo che li ha portati a preparare Vita, poi portata al successo da Gianni Morandi e Lucio Dalla nel 1988. «Quel brano - ricorda Lavezzi - impiegò anni prima di trovare la luce del successo. La proposi a Fiorella Mannoia, ma non era convinta. Anche Mina la rifiutò». Poi Mogol la offrì a Dalla che cambiò l'attacco da «Cara in te ci credo» a «Vita in te ci credo» e nacque uno dei più colossali successi della nostra canzone.

Alcuni di questi nuovi brani della coppia Mogol Lavezzi hanno già un titolo provvisorio: «Ce n'è uno che si riferisce alla sensualità di una donna che non necessariamente è legata alla bellezza», dice Lavezzi. «Ma il problema è trovare chi oggi può affrontare brani del genere», ribatte Mogol che, attraverso la scuola del Cet, ha la visuale precisa su come sta cambiando la musica tra i giovanissimi. «Ora - dice - contano i follower e l'impatto immediato che si può avere dopo una partecipazione al Festival di Sanremo. Ma pochi si interessano della durata delle canzoni e della loro capacità di restare nella cultura popolare».

In ogni caso, lui e Lavezzi stanno scrivendo brani che prossimamente potrebbero finire nel repertorio di tanti big italiani, magari pure a Sanremo. «Dopotutto sono sempre più interessanti i brani singoli più che i dischi completi» spiegano entrambi praticamente all'unisono. Come negli anni Sessanta, quando ad esempio Lavezzi vendette oltre un milione di copie con Il primo giorno di primavera con i Dik Dik, l'attenzione è ritornata sulla canzone singola, sul successo immediato, ed è sempre più difficile chiedere concentrazione su di un disco intero.

E sarà per questo che due colossi si ritrovano a scrivere brani proprio come allora, seguendo l'istinto e il talento che non conoscono età.

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