Molto buonismo, poco coraggio Vince "Birdman"

Trionfa il bel film di Iñárritu Troppo scontati gli altri verdetti: l'Academy boccia i controcorrente "Boyhood" e "American Sniper"

Molto buonismo, poco coraggio Vince "Birdman"

Hollywood ha premiato Hollywood consegnando a Birdman , black comedy che gioca sulla contrapposizione e l'invidia tra il mondo luccicante del grande schermo e quello polveroso dei teatri, i premi più ambiti (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia) della notte degli Oscar 2015. È stata la serata del tutto scontato, tutto secondo copione, che non ha lasciato spazio alle sorprese. Non poteva vincere American Sniper (solo una statuetta per il montaggio sonoro) di Eastwood, troppo controverso per i membri votanti (nonostante i risultati al botteghino, ben più significativi) e, soprattutto, non poteva trionfare il vincitore morale di quest'anno, Boyhood , perché Hollywood, votandolo, avrebbe dovuto rinnegare se stessa. Ci voleva un atto di coraggio da parte dell'Academy per premiare un film girato in dodici anni, fuori da quella logica commerciale sulla quale si regge tutto il carrozzone cinematografico.

Non c'è stato, ed è un peccato; o meglio, un'occasione persa. Si poteva dare il miglior film a Birdman e premiare per la regia di Boyhood il bravo Richard Linklater. Invece, tenendo fede alla scelta principale fatta, la statuetta è andata a Alejandro González Iñárritu, al quale Sean Penn ha regalato una battuta particolare aprendo la busta dorata: «Chi ha dato la green card a questo bastardo?». È il secondo anno consecutivo, infatti, che un messicano vince la statuetta per la regia, con Iñárritu che succede ad Alfonso Cuarón, trionfatore nel 2014 per Gravity . Nel suo discorso, Iñárritu ha dedicato il premio «alle persone che vivono in questo Paese e fanno parte dell'ultima generazione di immigrati». È stata, infatti, la serata dell'impegno sociale. Patricia Arquette, miglior attrice non protagonista per Boyhood (unica statuetta vinta dal film), ha toccato il tema dei diritti delle donne americane, in particolare quello di avere uguale trattamento economico sul lavoro. Graham Moore, sceneggiatore premiato per The Imitation Game , gay come Alan Turing, il matematico che decifrò il codice Enigma, ma che venne perseguitato per la sua omosessualità, ha confessato: «A 16 anni ho tentato di uccidermi perché mi sentivo strano. Dico ai ragazzi come me: non vergognatevi di essere diversi e fate sentire la vostra voce, passate il messaggio perché a nessuno venga in mente di tentare il suicidio per la sua diversità». Così come Julianne Moore, vincitrice annunciata e meritata, come miglior attrice, per Still Alice , che ha dedicato parole all'Alzheimer, malattia che colpisce la protagonista del film: «Occorre parlarne perché è solo quando c'è coscienza sociale su un malattia che si trova la cura». Tutti impegnati, insomma, forse anche per rimediare a questa 87esima edizione che è stata ribattezzata la più bianca dal 1998 ad oggi, visto che nessun attore, attrice o regista di colore ha ottenuto candidature, suscitando non poche polemiche. Piccola consolazione è stata la vittoria per Glory , la canzone di John Legend e Common che fa parte della colonna sonora di Selma . Il discorso più simpatico lo ha fatto J.K. Simmons, premiato come attore non protagonista per il suo ruolo di duro insegnante musicale in Whiplash (che ha vinto anche per il miglior montaggio e mix del suono), invitando tutti quelli che hanno ancora i genitori a chiamare mamma e papà: «non mandate mail e sms, tirate su il telefono».

Una piccola sconfitta Birdman l'ha dovuta incassare. Michael Keaton, infatti, protagonista della pellicola e candidato come miglior attore, ha dovuto applaudire la vittoria, meritata, di Eddie Redmayne per il suo ruolo in La teoria del tutto dove ha prestato volto e corpo allo scienziato Stephen Hawking che ha ricordato nel suo discorso. Pronta la risposta dell'astrofisico: «Ben fatto Eddie, sono molto orgoglioso di te». Tra i vincitori della serata, c'è The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson che ha ottenuto ben quattro Oscar su nove nomination, ma nessuno in categorie «pesanti». Big Hero 6 della Disney è il miglior film d'animazione mentre il polacco Ida ha vinto come film straniero.

E se da una parte salutiamo la vittoria della nostra Milena Canonero al quarto Oscar per i migliori costumi (qui con Grand Budapest Hotel ) dall'altra va registrata l'imperdonabile gaffe dell'Academy che si è dimenticata del nostro Francesco Rosi nel tradizionale filmato in memoria degli artisti scomparsi (almeno, c'era Virna Lisi).

Ancora più grave se si pensa che Rosi era anche tra i giurati dell'Academy avendo ricevuto una nomination all'Oscar per Tre fratelli . Magari, tra un sacrosanto tweet e l'altro per la Canonero, se qualcuno, dal governo, si fosse ufficialmente indignato per questo sgarbo, non sarebbe stato male.

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