
«Castiglion Fiorentino è più bella di Cannes, che però è più importante per noi che facciamo cinema», dice Olivier Assayas dal suo buen retiro vicino ad Arezzo. L'ex-critico dei Cahiers du Cinéma, parigino classe 1955 e figura chiave della nuova generazione di cineasti francesi - l'anno scorso ha vinto il premio ex aequo per la miglior regia al festival di Cannes con Personal Shopper (dal 13), thriller che presenterà oggi a Roma, nell'ambito della rassegna Rendez Vous , ha la testa rivolta alla Croisette. È sua, infatti, la sceneggiatura dell'atteso thriller psicologico di Roman Polanski, D'après une histoire vraie, ispirato all'omonimo romanzo di Delphine de Vigan e quasi certamente in concorso sulla Costa Azzurra. Una storia di femminilità turbata, tra finzione e realtà, affidata alla signora Polanski, Emanuelle Seigner, qui scrittrice in difficoltà che si farà manipolare dalla torbida Eva Green, sua fan e tormentatrice. Se il romanzo ha vinto il premio Goncourt dei liceali 2015 e il Prix Renaudot, l'accoppiata Polanski-Assayas promette molto bene.
Com'è stata la sua collaborazione con Roman Polanski?
«Sorprendente: io capisco Roman e lui m'interessa come persona e come cineasta. Sempre pronto alla rivoluzione, dai tempi di Rosemary's Baby! È un maestro e ho cercato, per lui, la tessitura giusta: il romanzo è lungo, giocato tra fiction e realtà. L'ho adattato alla sua visione delle cose, tra spiritualità e angoscia. Ho scritto una prima versione e gliel'ho sottoposta. Poi sono passato a una seconda stesura. I due personaggi femminili sono uno il riflesso dell'altro. Un soggetto del film è la schizofrenia».
Quando scrive, qual è la sua stella polare?
«M'interessa la connessione tra la nostra percezione del mondo visivo e la nostra percezione più nascosta. Sono convinto che la realtà sia doppia e scissa tra le due percezioni, dove l'una non è necessariamente più reale dell'altra. Cerco sempre le porte per far comunicare i due piani sensoriali».
Le piace flirtare col soprannaturale, come in Personal Shopper, dove la protagonista Kristen Stewart è una medium che parla col fantasma del suo gemello morto?
«Il soprannaturale mi attrae. Oggi circola molta infelicità, perché si è perso il contatto con la spiritualità e con il senso religioso della vita. Personal Shopper è nato quando ho perso i finanziamenti per girare un film con Robert de Niro e Robert Pattinson. Tornato a Parigi, mi sono detto: che faccio? Così sono ripartito da zero, da un personaggio astratto che parla con i fantasmi. Da europeo, ho voluto svincolarmi dal manicheismo americano, per cui l'invisibile è terrificante e malvagio e il visibile è buono e benefico».
Si è documentato, per affrontare il tema dello spiritismo?
«Non molto: non è una disciplina scientifica. Cercando su Google, mi sono reso conto di quanto fosse popolare tra i giovani. Tanti ragazzi mettono su YouTube i video di una seduta spiritica. Avendo perso la connessione col sacro, ecco l'irresistibile attrazione per l'aldilà. Ho letto Rudolf Steiner e il libro di Victor Hugo che raduna le esperienze delle sedute spiritiche fatte a Jersey, dov'era in esilio, tra il 1835 e il 1855. Si tratta d'un documento letterariamente straordinario».
Personal Shopper prende in giro il mondo dello showbiz
«M'interessava fare un