Oltre al semplice racconto della musica, riflessione e poesia. Non solo spiegare le pagine dei compositori dal punto di vista storico e tecnico - ma entrare nell'essenza delle partiture, che vengono sviscerate e infine rivelate. Sotto la lente Ludwig van e le sue sonate violino-pianoforte. Benvenuti nel mondo del violinista Fulvio Luciani e del pianista Massimiliano Motterle (domenica di scena al Mac della fondazione Verdi di Milano con brani di Beethoven e Charles Ives). L'arco protagonista, già leader a suo tempo del Quartetto Borciani che si cita per dovere di cronaca visto che è già passato in maniera eccellente dal quartettismo al raffinato solismo - nella cultura continua nel suo cammino di «alchimista-viandante» alla ricerca dell'ultima parola-nota che si può dire-suonare e trasformare in «altro». Un viaggio nell'anima. Giusto per saggiare la filigrana del ragionamento in merito al recital, che riunisce le Sonate op.23 e op.24, e le accosta a una Sonata scritta un secolo più tardi dal compositore americano: «Un secolo può essere moltissimo, e certo può non esserci maggior distanza che non tra la Vienna di Beethoven e l'America di Ives, che faceva l'assicuratore. Eppure, in qualcosa le due psicologie si assomigliano, nella caparbietà, nell'idealismo, nella scelta di un linguaggio che è libero e solo proprio ()».
L'operazione dunque è un parallelismo, mai una gara, da cui scaturisce la narrazione. Il ciclo (ogni volta Ludwig van e un autore moderno) dura un anno; una volta al mese preceduta da un seminario alla milanese università Bicocca.Un mondo di note fra Beethoven e Ives
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