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Moreno, rapper buono che fa volare gli "Amici" di Maria

Chiude con ottimi ascolti il talent di Canale 5 La De Filippi: "L'anno prossimo stessi giudici"

Moreno, rapper buono che fa volare gli "Amici" di Maria

Inevitabilmente Maria De Filippi dice: «Sarei una cretina a lamentarmi della mia stagione tv». Sabato sera la finale di Amici numero 12 ha toccato picchi da sette milioni di teleamichevoli, con una share media del 28,75 per cento e 5 milioni e 726mila spettatori medi. Nel corso della serata più di tredici milioni e mezzo di telecomandi hanno selezionato Canale 5 e su Twitter Amici è stato TT, ossia «topic trend» fino a ieri pomeriggio. In poche parole, un successo anche perché per la prima volta in un talent show ha vinto un rapper, Moreno Donadoni, in controtendenza perché non sfoggia il solito prolasso di parolacce tipico del genere ed è quindi un bel punto di sintesi tra canzone d'autore melodica e hip hop.

«Chi l'avrebbe mai detto, dodici anni fa quando è iniziato Amici, che saremmo arrivati fin qui? Ci sono stati programmi come il Bagaglino che ogni anno cambiavano titolo ma lasciavano intatti i contenuti. Noi invece abbiamo lasciato il titolo identico ma abbiamo cambiato i contenuti», spiega lei, Maria De Filippi di fianco alla giuria di Amici, ossia Luca Argentero, la rivelazione Gabry Ponte e l'assonnatissima Sabrina Ferilli che spiazza tutti con una mitragliata di battute da piegarsi in due. «Ecco, dovremmo fare un programma così in tv, tu ed io», gigioneggia la De Filippi. In ogni caso, visto che proprio oggi inizia la lunga marcia di avvicinamento ai casting della prossima edizione, è il caso di tirare una riga sotto il bilancio dell'annata numero dodici.

Formula cambiata: «E' il primo talent non scritto dagli autori ma dai capisquadra Emma e Miguel Bosé». Regia (Roberto Cenci) e direttore artistico (il geniale Giuliano Peparini) nuovi di zecca. Ascolti come sempre: al top (e difatti anche il direttore di Canale 5, Scheri, ieri si è complimentato). Piaccia o no, Amici ha un seguito consolidato alla vecchia maniera della tv: comunque segue lo show, a dimostrazione che la fidelizzazione è altissima. «Una volta facevamo la gara al massimo con Raiuno, adesso la tv è diventata come quelle vie con mille negozi: ciascuno può scegliere il proprio». Forse anche per questo il format è stato venduto (e trasmesso) in ventitrè nazioni diverse: la corsa al successo e il germogliare del talento sono uno dei poli attrattivi più efficaci della tv generalista e soltanto in Italia, dove lo snobismo è spesso opinion leader, viene spesso declassato a fiera di quartiere.

Invece no. Oltre a essere una delle innegabili colonne degli ascolti (e quindi degli incassi pubblicitari) Mediaset, Amici ha mostrato di sapersi rinnovare nel tempo. Merito di una formula vincente. E di una squadra che non fa prigionieri, nel senso più positivo del concetto. Come ha spiegato l'altra sera Miguel Bosé, «qui chiunque bada al proprio obiettivo, si è protetti e messi a proprio agio, una cosa che non capita quasi mai nel resto del mondo». Anche la Ferilli, con le palpebre a metà per il sonno, ha confermato: «Io sono figlia di Garinei e Garinei era grande anche perché sapeva creare una struttura vincente. Idem Maria: con lei non ho mai fatto brutta figura». E poi vai con gli aneddoti, i racconti sui loro incontri in tv. Finché la De Filippi sostanzialmente non conferma che squadra che vince non si cambia e quindi: «Il prossimo anno vorrei la stessa giuria: Argentero, Ferilli, Ponte. E naturalmente Bosé ed Emma».

Manco il tempo di finire un'edizione che ne riparte una nuova: forse anche questo è un dei segreti di un programma che sabato ha incoronato vincitore un ragazzo che aveva 12 anni quando Amici è andata in onda per la prima volta.

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