È morto solo come era vissuto. Gentile ma misantropo, Massimo Castri - scomparso ieri a 69 anni a Firenze - amava febbrilmente le donne, ma presto se ne stancava sedotto da nuovi progetti a cui soggiaceva anima e corpo. «Sono i miei figli, e ai propri figli non si può mai dir di no», diceva. Scontroso e solitario, aveva cominciato come attore agli ordini del solo uomo che rispettava chiamandolo maestro, Giancarlo Cobelli che gli aveva affidato il ruolo del Tambur Maggiore nel Woyzeck di Büchner.
Intelligente e orgogliosamente autodidatta, lui che si era laureato con la tesi Per un teatro politico pubblicata da Einaudi, aveva ridato vita a quella Loggetta, poi ribattezzata Centro Teatrale Bresciano. Ed è proprio per conto di quell'organismo che, sotto la sua direzione, divenne il fulcro della ricerca più impegnata e coerente degli anni Ottanta, che vennero alla luce le sue bellissime messinscene pirandelliane, presto celebrate in tutta Italia: Vestire gli ignudi, La vita che ti diedi protagonista Valeria Moriconi e Così è (se vi pare) che, per colpa di un colpo di pistola definito fuori luogo dagli eredi di Pirandello (che in quegli anni era ancora sotto diritti), rischiò di venir archiviato dopo poche rappresentazioni.
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