Cultura e Spettacoli

Una mostra che ha perso il mercato (e non solo)

Non è tutto demerito dei vertici della Biennale ma un certo ridimensionamento della mostra è visibile a occhio nudo

Quando, nel 1931, il conte Giuseppe Volpi chiamò il suo direttore generale per organizzare una esposizione internazionale di cinema gli disse che si sarebbe fatto al Lido perché «el xe straco». C'è differenza, purtroppo, tra stanco, come lo vedeva il fondatore del festival più antico del mondo, e il Lido agonizzante e malinconico, come appare oggi. Di certo, non è tutto demerito dei vertici della Biennale che parlano di «mantenimento» e di risultati «in linea» con le presenze dell'anno scorso (22mila biglietti per il pubblico, circa duemila giornalisti e una media di 950 spettatori in Sala Darsena per la sezione Orizzonti), ma un certo ridimensionamento della Mostra è visibile a occhio nudo. Riconosciuta anche dalla stampa straniera la maggior qualità dei film e della selezione italiana in particolare, per il resto tocca fare un primo bilancio della 71ª edizione attraverso le cose che mancano rispetto agli anni scorsi. E sono tante. Innanzi tutto, il grande pubblico: la ressa dei giovani e le code alle sale, con l'eccezione, forse, delle sezioni minori (Giornate degli autori e Orizzonti). Si parla di un calo di presenze negli alberghi del 20 per cento. «Ma noi tentiamo di sfuggire il monopolio dei prezzi, comprando pacchetti di camere da rivendere alle delegazioni che accompagnano i film», ha svelato il presidente Baratta. Manca un grande sponsor italiano, Lancia o Maserati, sostituite dalla francese Renault. Come a dire che all'industria di casa non sta a cuore la Mostra («questo attiene ai problemi del mercato automobilistico europeo non a quelli della Biennale»). Mancano gli stand dell'Area Garden, dove associazioni ed editori esponevano dvd e libri. Mancano i padiglioni dei produttori italiani e stranieri che riempivano le sale affittate all'Excelsior nella speranza di far decollare il mercato anche in laguna. Quest'anno, se si fa eccezione per il gala di Sky Italia con HBO, partner della serie Olive Kitteridge , il business latita. Manca la festa di Ciak , il party più atteso sulla piscina dell'Excelsior, causa latitanza di sponsor. Insomma, oltre a una buona fetta di pubblico è anche tutto il contorno a latitare, ciò che trasformava la Mostra in un grande evento. È vero, se l'Italia è in deflazione non si può pretendere che il festival sia in pareggio. Essendo un'istituzione internazionale, i vertici della Biennale hanno buon gioco a rivendicare il loro «carattere off-shore». E a dire che, se calano le presenze anche nelle sale americane e il mercato rimpiccolisce dovunque, «non si può pretendere che i festival risolvano la crisi del cinema mondiale». Tutto vero. Ma a Cannes, per citare un festival a caso, sembra che la crisi sia stata scongiurata. Lì, per esempio, c'è molto mercato. Al Lido c'è molta stampa.

Con il rischio che la Mostra sia prevalentemente un gioco tra organizzatori e giornalisti.

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