Mungiu: "Un film per salvare i giovani dalla corruzione"

Il regista romeno presenta «Un padre, una figlia», nelle sale martedì. «I nostri figli crescono in società malsane»

Mungiu: "Un film per salvare i giovani dalla corruzione"

Arriva Un padre, una figlia (da martedì prossimo con Bim), film rumeno di 2 ore e 7 minuti, che parla di corruzione e compromessi e non è il caso di avere pregiudizi, anzi. Perché il regista Cristian Mungiu, laureato a Cannes nel 2007 (Palma d'Oro per 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni), si rivolge ai genitori che hanno a cuore le sorti dei loro figli, costretti a vivere in un mondo pieno di raccomandati e raccomandazioni. E col suo nitido racconto di Romeo, medico d'una città in Transilvania, che fa di tutto perché la figlia Eliza venga accettata all'università di Cambridge, per mandarla via dall'immoralità del suo paese, affronta tematiche universali. Soprattutto quando, il giorno prima degli esami scritti, la ragazza subisce un'aggressione, che mette a rischio la sua partenza. Reggeranno, a tale prova, i principi che il padre ha insegnato alla figlia?

«Nel mio film c'è un distinguo tra il compromesso, attinente all'individuo e la corruzione, che ha una più ampia portata sociale», spiega Mungiu, piccolo e tondo come un monaco, del quale ha anche il fare pacatamente didattico. «Tutti noi dobbiamo comprendere che in quest'epoca occorre fare qualcosa che va al di là delle scelte individuali, se vogliamo che i nostri figli e le giovani generazioni crescano in un contesto più sano», dice il regista, beniamino dei festival. «Non si tratta d'un film sulla Romania: giro film sulla natura umana, sui dilemmi morali che si possono incontrare nel corso della propria vita. Se non possiamo risolvere i problemi, non è che questi migliorino mandando i figli all'estero: bisogna interrompere questo circolo vizioso». Da padre, Mungiu trascorre molto tempo a riflettere su quanto debba trasmettere ai suoi figli. «Per natura, non sono un'ottimista, né credo che noi siamo migliori dei nostri genitori: finora, non abbiamo fatto nulla per cambiare la società».

Ambientato nella Romania uscita dall'incubo comunista, Un padre, una figlia affronta anche il tema dell'approccio alla realtà. Un'esame di coscienza, forse? «Qui il senso di colpa si mescola alla delusione: nel 1991, infatti, in Romania il popolo non ce l'ha fatta a rendere migliori le cose, come la gente si aspettava, una volta caduto il comunismo. Sforziamoci, assumiamoci le nostre responsabilità, invece di volere la felicità qui, ora, subito e in modo irragionevole», s'accora Mungiu, che per far vedere il suo film ai propri concittadini ha dovuto organizzare proiezioni itineranti col camion.

«25 anni fa, in Romania esistevano 400 sale cinematografiche e adesso ce ne sono 20 soltanto: è il risultato della corruzione politica. Al posto del cinema, arriva una banca.

Alle sale perse, corrisponde un'intera generazione di spettatori persi: oggi, i giovani romeni guardano solamente blockbuster sul telefonino, o al computer. In queste condizioni, è difficile comunicare col pubblico». Si parla della Romania, ma sembra l'Italia.

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