Piera Anna Franini
da Ravenna
«Andiamo Maurizio». Riccardo Muti lascia il retropalco con Maurizio Pollini, passo leonino il primo, un fare schivo il secondo. Salutano i 3500 spettatori, quindi raggiungono podio e pianoforte. La serata inaugurale del Ravenna Festival, alla XXX edizione, prende il via con l'Orchestra Cherubini e i due musicisti più rappresentativi di casa nostra. Sono coetanei, testimoni di un mondo musicale profondamente trasformato. Fra i solisti, manca il ricambio generazionale comparabile al precedente: in Italia non è sbocciato un secondo Pollini o un secondo Arturo Benedetti Michelangeli, l'unica speranza è riposta su Beatrice Rana. In tutto questo, però, non mancano i miracoli all'italiana. Partiamo dalla Cherubini, nata nel 2004 per volere di Muti, costituita da giovani italiani opportunamente selezionati, quindi formati in un percorso triennale. Muti non è il direttore-leggenda che arriva alla fine dei lavori. Prova ore con la dedizione che riserva ai Wiener o alla Chicago Symphony. La Cherubini dimostra che l'Italia dispone di capitale umano d'eccellenza. Sono ragazze, a partire dal violino di spalla, e ragazzi ventenni, vivono l'età dei sogni, delle passioni, ignari dell'arrendevolezza che potrebbe sopraggiungere dopo il giro di boa dei trent'anni. «Per il 90% sono nuovi, si sono riuniti da pochi mesi. Sono bravissimi: a conferma che c'è ancora crescita nelle scuole musicali e questo nonostante l'abisso in cui è piombata la cultura italiana», lamenta Muti. «Accompagnando un grande solista come Pollini - che ha ricevuto il Premio del Festival - , questi ragazzi hanno dimostrato di essere all'altezza della situazione. Giorni fa, hanno fatto Paisiello con il coro della Radio Bavarese. Il Governo dovrebbe guardare a tutto questo, a una generazione da non disperdere. Però mi chiedo: dove sono i personaggi della politica che dovrebbero interessarsi della cultura e di chi fa cultura? Stasera s'è dimostrato che in questo Paese, se si vuole, si possono raggiungere obiettivi importanti. Ma è come parlare a persone che non vogliono sentire».
Il Ravenna Festival ha preso il via per la trentesima volta, «fedele alla metafora del treno», spiega Cristina Muti, fondatrice e presidente della rassegna, ma che già ha passato il testimone ad Angelo Nicastro e Franco
Masotti, direttori artistici. E ancora: «Un treno con tanti vagoni dove possono salire tutti e il potenziale che profuma di talenti. In mezzo ai grandi nomi da Muti, Abbado o Kleiber ci siamo sempre stati noi di Ravenna».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.