Lo intercetti al volo, a Macerata, mentre prova le canzoni del suo prossimo tour. Enrico Ruggeri non ha filtri e neppure pause, visto che è onnivoro e inarrestabile. L'altro giorno ha pubblicato il trentunesimo (doppio) disco Pezzi di vita e adesso è già sul trampolino per i nuovi concerti: «Debutto domani, proviamo in libertà, spesso scegliamo i pezzi mezz'ora prima di suonarli». In Pezzi di vita ci sono pezzi della sua carriera passata e pure quella del futuro perché brani come Centri commerciali o Il re Lucertola hanno i carati giusti per rimanere a lungo in repertorio. In più, giusto per non farsi mancare nulla, Ruggeri ha ricantato e riarrangiato alcuni dei suoi classici come Contessa e Mare d'inverno e dovreste ascoltare l'effetto che fanno: sembrano rinati.
Però, caro Ruggeri, esagera sempre: dieci brani inediti con quattordici rivisitazioni sono ormai merce rara.
«In realtà ho pensato prima di reincidere i miei vecchi brani. E nel frattempo ho iniziato a scrivere prima una poi due, tre, quattro canzoni nuove. E alla fine sono arrivato a dieci. Tutte nuove».
Lei non è di quelli che conservano gli inediti in archivio e poi li tirano fuori quando conviene, magari riaggiustandoli un po'.
«Mi sa di mestierante».
Dopo trenta dischi un po' di mestiere ci sta.
«Tutt'altro. Più passa il tempo e più aumenta la lotta per la cosiddetta purezza etica».
Per molti è un concetto d'altri tempi.
«Infatti io scrivo i miei libri a mano, mica con lo smartphone».
In Pezzi di vita c'è Sono io quello per strada che parla dei cantautori abituati a creare una barriera tra sé e il pubblico. Tanti hanno pensato a De Gregori.
«Anche io e difatti l'ho chiamato per parlargli di questo brano. Non credo che lui l'abbia ascoltato ma abbiamo condiviso un diverso punto di vista. Tanti quando incontrano i fan si nascondono, io invece sento il diretto/dovere di fermarmi a parlare. Insomma c'è chi dice sta piovendo, lasciami andare via e chi invece vieni sotto l'ombrello e facciamo un po' di strada insieme».
Avete litigato?
«Mannò, è stata una discussione come si faceva nei caffè letterari di inizio '900. Senza citare Foscolo che rispose con i Sepolcri al Pindemonte. Un quotidiano ha catalogato questo scambio di idee tra le grandi liti del pop. Ma è eccessivo. Diciamo che su questo argomento io sono più sulla linea Springsteen - McCartney e altri sono più vicini all'atteggiamento del compianto Lou Reed. Nient'altro».
I tre signori dei quali parla nel brano omonimo erano più vicini al primo modello.
«Ho conosciuto e amato Gaber, Iannacci e Faletti. Questo brano parla del Paradiso intenso come luogo della trascendenza. Tutti abbiamo detto, magari per scherzo, che ci saremmo divertiti più all'inferno con Keith Moon o Bonzo dei Led Zeppelin piuttosto che in Paradiso con Paolo VI o Maria Goretti. Ho pensato a un Paradiso con loro tre a divertirsi con musica e letteratura».
E il Re Lucertola?
«Ho voluto ingannare tutti utilizzando come titolo il soprannome di Jim Morrison. In realtà parlo del potere vero, che non è quello dei premier ma di quelli sconosciuti che alla fine decidono davvero ciò che i politici eseguono. Il crollo delle multinazionali, le banche in difficoltà eccetera. Parlando di musica, non è un caso che Bob Dylan abbia creato consapevolezza sulla guerra in Vietnam e che John Lennon abbia richiamato tutti a riflettere sulla pace. Qualcuno un giorno ha detto basta. E da allora sono arrivati Madonna e le boy band, insomma il pop disimpegnato. Mio figlio a tre anni si addormentava ascoltando Rock'n'roll dei Led Zeppelin, ora è triste perché uno degli One Direction ha lasciato il gruppo».
E lei perché si è messo in aspettativa dalla tv, ormai anche i
cantanti vanno ai talk show?«Perché non mi invitano. Una volta me ne sono lamentato e Aldo Grasso ha scritto che ero un piangina e da allora ho giurato di non lamentarmi più. In Italia quando reagisci è sempre dura».
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