Nei palchi va in scena la fine del renzismo

Assenti il premier e tutto il suo stato maggiore Un anno fa si erano auto-celebrati alla Scala...

Nei palchi va in scena la fine del renzismo

Le auto blu che s'incrociano davanti al Teatro sono inversamente proporzionali alle mantelle nere, che quest'anno vanno di moda. Si sprecano le seconde, rare le prime.

E' la Prima. E alla Scala, dopo tanto tempo, scorte e politici sono messi in secondo piano dai vip, pure di seconda fila. Dove ancora un anno fa i cronisti si litigavano una dichiarazione di Padoan, oggi ci si spintona per una battuta delle Parodi. Che sono qui tutt'e due, alla faccia della crisi.

La crisi di governo trattiene a Roma il presidente della Repubblica Mattarella, il cui messaggio di scuse viene tagliato dalla Rai, il presidente del Senato e tutti i ministri. Tutto è sottotono.

L'anno scorso, di scena Giovanna d'Arco, la Scala fu la grande parata del renzismo: il premier, la moglie Agnese, Gentiloni, Del Rio, Franceschini, Campo Dall'Orto, i manager delle società statali... Il Piermarini come la Leopolda. Quest'anno più nessuno. Il più alto in grado, e guarda giù smarrito, è Beppe Sala. Con lui, su un Palco Reale mai così leggero, c'è tanto posto che hanno ospitato quattro terremotati, di Arquata e Accumoli. Anche loro già scaricati dalle promesse dei politici. E per quanto riguarda Renzi, ci siamo persi l'ultima occasione di vederlo all'opera.

All'Opera fanno presenza l'ex re di Spagna Juan Carlos, l'ambasciatore del Giappone Kazuyoshi Umemoto, i soliti Monti e Passera che videro 7 dicembre migliori, imprenditori, l'ad di Eni Claudio Descalzi con signora, e tante signore le cui toilette sfarzose spazzano via l'insopportabile sobrietà di altre Prime. L'austerity è finita, ci resta la crisi.

In crisi di politica e con un red carpet in do minore, lo spettacolo osa molto. Portare alla Scala la Madama Butterfly di Puccini originaria (l'edizione del 1904, che all'epoca debuttò qui tra i fischi, rimane più cruda, quella tradizionale ammorbidita) è una sfida temeraria. Tornare alla tradizione diventa il massimo dell'innovazione. Molti dubitavano che questa Madama Butterly fosse adatta per aprire la stagione della Scala. Una versione poco nota, la maggior parte del cast al debutto... Tanti rischi, poche certezze. Almeno all'inizio.

S'inizia. Il maestro Chailly batte un Inno all'Italia orgoglioso. Poi dirige con bacchetta sicura: il padrone di casa ama Puccini e si sente (alla fine per lui è un successo). Zitti. Entrano gli eroi. Il soprano, l'uruguayana Maria José Siri nei panni della bella geisha Cho Cho-san, Madama Farfalla, dà il la sul palco alla drammatica storia d'amore: biacca bianca, fragilità e passione. Il tenore, Bryan Hymel, americano di New Orleans, barba e animo rude, veste la divisa di Pinkerton, ufficiale di Marina degli Stati Uniti, già riletto come una specie di Donald Trump in divisa, misogino, razzista, insensibile... (per lui qualche buuu). Il baritono Carlos Alvarez invece è Sharpless, l'ambasciatore Usa: da giorni fa sapere che dopo il risultato delle elezioni americane non è contento di interpretare il suo ruolo... E' un destino. La politica non riesce a star fuori dalla Scala.

Rimane la Butterfly. Narra una storia senza tempo. Potrebbe essere una soap, ma sa di antico. Una quindicenne sedotta e abbandonata dallo yankee cattivo. Lei si innamora alla follia, lui la usa, dopo un mese la ripudia, e se ne torna negli Stati Uniti. Lei lo aspetta, fiduciosa: «Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo sull'estremo confin del mare. E poi la nave appare». Sì, tornerà. Ma dopo tre anni, con la moglie americana, per portarsi via il bambino (che in scena è dolcissimo). Non resta che un estremo gesto.

Tutto sul palco gestualità, costumi, coreografie s'ispira alla tradizione del teatro Kabuki. Tra geishe, chimoni, donne dal viso di perla e intermittenze del cuore. L'intervallo uno solo in questa versione della Butterfly è il solito struscio, tra bollicine e baciamani. La Prima è un rito antico. Il nuovo rito è il selfie davanti all'albero di Natale addobbato da D&G. Frivolezze nel foyer ed eleganza sul palco. La scenografia con due piani rialzati è da cartolina, ma piace molto. L'opera musicalmente è apprezzata da loggione e platea. E la bella Butterfly? La sua tragedia giapponese alla fine è nient'altro che una storia universale sulle debolezze umane, addolcita da campanelli, fischi d'uccelli e tam-tam.

«Il dramma deve correre alla fine senza interruzioni, serrato, efficace, terribile» scriveva Puccini all'editore Ricordi. Ma il secondo atto, un'ora mezza, va via a fatica.

Fino a quando Madama Butterfly si colpisce al collo. Ma morire d'amore è ancora possibile?

La tragedia si è consumata. Sipario, lacrime, tredici minuti di applausi. La musica batte la politica. E Puccini s'è ripreso la rivincita.

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