da Genova
Devessere la «sobrietà», la tendenza ai toni bassi, una specie di nuova regola dei tanti monsignor della Casa del cinema italiano, il bon ton della nouvelle vague italienne. Perché, in Diaz - il film di Daniele Vicari dedicato al G8 del 2001 che sarà nelle sale dal 13 aprile e che ha avuto la sua anteprima nazionale laltra sera a Genova - funziona esattamente allo stesso modo che in Romanzo di una strage. Se nel racconto di piazza Fontana secondo Marco Tullio Giordana la campagna dodio contro il commissario Calabresi è quasi nascosta e sussurrata nellinquadratura di una scritta infame su un muro di Milano, come se fosse un particolare ininfluente, una nota a margine di un libro che racconta unaltra storia, così in Diaz le violenze che devastarono, sfregiarono e violentarono Genova sono quasi una sfumatura, una nota di sottofondo in un altro spartito.
Vicari racconta sì le vetrine sfasciate; fa sì un passaggio importante sul fatto che alla Diaz vennero ospitati alcuni black bloc che avevano partecipato alle devastazioni e ai saccheggi di quel luglio torrido; dedica sì un passaggio agli scontri fra le diverse anime del «Genoa Social Forum» e a chi dallinterno provò a contestare la violenza e lacquiescenza nei confronti dei violenti; e non si risparmia nemmeno la battuta di due anziani genovesi nei vicoli sullinsofferenza degli abitanti nei confronti di chi devastò la città. Il problema è che queste quattro scene, tutte insieme, prendono poco più di cinque minuti su due ore di film. E hanno la stessa forza della scritta sul muro nel film di Giordana: quello di una noterella a margine.
È una sconfitta, una sconfitta vera per Diaz. Perché un film che vuole essere dichiaratamente, ostentatamente e anche legittimamente di parte - «su questa storia io non sono obiettivo e non voglio esserlo» spiegava uno degli attori allanteprima genovese - rischia di trasformare la pellicola proprio in ciò che il produttore Domenico Procacci non voleva: nel derby fra tifoserie. Ed è un vero peccato perché Vicari, come aveva già dimostrato con il racconto delle corse clandestine di auto a Roma in Velocità massima, è uno che con la macchina da presa ci sa fare. E trasformare un film troppo violento e crudo, ma comunque girato e montato molto bene, in un comizio, non fa un buon servizio al film stesso.
Invece, già con i manifesti con la citazione di Amnesty International secondo cui alla Diaz e a Bolzaneto avvenne la «più grande violazione dei diritti umani del dopoguerra in un Paese occidentale», cè una chiarissima scelta di campo: se si guarda il manifesto prima del film, si capisce qual è la tesi. Questo non significa giustificare le violenze delle forze dellordine, che ci sono state, alcune atroci e, in quanto commesse da uomini in divisa, vanno condannate ancora più duramente. Ci mancherebbe altro. Il punto è che, come in Acab, la violenza dei celerini e più ancora quelle dei medici e degli agenti di polizia penitenziaria di Bolzaneto è vista quasi connaturata alla divisa o, addirittura, preordinata. Con il ruolo più odioso - con tanto di inquadratura che lascia intendere (ma senza dirlo esplicitamente) storie di servizi deviati, che non mancano mai - impersonato dallattore che, senza citazione di nomi reali, corrisponderebbe al superprefetto La Barbera, il quale commissariò la polizia di Genova in quei giorni. Tanto, La Barbera è morto.
E così il sindaco di Genova Marta Vincenzi dice che «è un pugno nello stomaco, ma la città lo deve vedere». E il suo assessore Andrea Ranieri dice che «la ferita resterà finché le istituzioni non chiederanno scusa». E Haidi e Giuliano Giuliani sono ospiti donore in platea, e Matteo Bianchi, poliziotto del sindacato Coisp, attacca «la speculazione mediatica, a scopo di lucro, di un film che tralascia parte della realtà, offendendo la Polizia».
Insomma, proprio il derby che non si voleva. E che si sarebbe potuto evitare raccontando in più di cinque minuti il sacco di Genova. Vicari, fra laltro, avrebbe le qualità cinematografiche per farlo bene. Un altro mondo cinematografico è possibile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.